Ti affiora alla mente di metterti nei panni di chi ha vissuto quei momenti, ma i pensieri e le immagini si bloccano. Impossibile. Pesanti le sensazioni, i posti, i dettagli, gli odori che sembrano posarsi sulle spalle per tutto il tempo dentro a quei luoghi. Spogliati del loro essere, del loro avere, della loro dignità e della loro umanità quelle persone hanno varcato mille soglie fino ad arrivare a varcare l’ultima. Una porta fredda. Tu arrivi lì. Davanti a quelle macerie non ti rendi conto, poi entra in gioco l’immaginazione, ti immagini tutto e senti tutto. Senti i loro passi stanchi, senti i passi e le voci dei nazisti, senti i bambini piangere e le loro madri che li stringono a se, senti la loro angoscia, la loro paura ma cosa darei per sentire i loro pensieri, quei pensieri impossibili da immaginare. Ci ho provato ma non ci sono riuscita, un’ondata di dolore mi è arrivata alle spalle come se per un attimo stessero spingendo anche me attraverso quell’ultima soglia. Quelle persone sono entrate camminando e sono uscite volando, leggere come l’aria e chissà dove si sono posate. Mi piace credere che siano ancora lì e si siano posate su quei sentieri e su quei campi per formare il cammino della memoria, per tutte quelle persone che non vogliono dimenticare ma vogliono ricordare quelle milioni di vittime. Rendiamo grande il nostro futuro in memoria di coloro che un futuro non l’hanno mai avuto.


Una studentessa dell’Istituto Tricolore