Al mio secondo viaggio della memoria ho visto una realtà completamente altra rispetto a Berlino e anche le emozioni provate sono state diametralmente opposte. Al campo di concentramento di Sachsenhausen l’impressione era quella di un luogo talmente immenso che risulta più semplice la disumanizzazione dei deportati. Sembra di essere formiche in mezzo a questo vasto luogo di reclusione dove non si vede nemmeno in certi punti il filo spinato che ne delimita il perimetro.
Mi ha fatto sentire piccola ed impotente. Il centro di sterminio di Sonnenstein mi ha fatto sentire sensazioni totalmente altre. Le stanze sono piccole, strette, e tutto ciò a cui riuscivo a pensare era l’interazione che il personale sanitario doveva avere con i pazienti: il contatto è stretto, non ti trovi di fronte a centinaia di persone in una sola volta. Riuscivo solo a pensare alle infermiere che guardavano negli occhi le persone che avrebbero poi privato della vita, li legavano e quindi li toccavano. Nonostante il contatto stretto nessuno si è sentito disgustato, nessuno si è reso conto della mostruosità che stavano mettendo in atto.
Mi ha messo di fronte all’egoismo degli uomini che non si fanno troppi scrupoli a ribaltare la scala di valori con cui sono cresciuti nel caso in cui sia conveniente per loro. Quei valori che si pensano essere condivisi anche dalla morale comune, mi chiedo allora, quanto poi effettivamente sono radicati e forti?
Evidentemente poco se abbracciare il mostruoso diventa così semplice e se non ci si rende nemmeno conto che lo si sta facendo. Penso in questo caso ai medici e alle infermiere che giustificano le loro azioni dicendo di aver solo eseguito ordini. Se è così semplice smettere di porsi domande e non tentare nemmeno di immaginare le conseguenze delle nostre azioni allora mi spaventa l’idea che possa essere così semplice rivivere in futuro un altro mostruoso

Giulia – Liceo scientifico Gobetti Scandiano

Le stanze strette e compresse di Pirna-Sonnenstein.