Parlare di libero arbitrio all’interno di un sistema totalitario sembrerebbe contradditorio, in quanto fin dalla nascita di questo si tende alla conformazione di opinioni e pensieri. Tuttavia l’adesione al partito o a una determinata ideologia si presenta come una libera scelta individuale, anche se a volte parte delle persone possono essere costrette a ciò. A partire dagli amministratori fino ai ferrovieri ciascuno svolge diligentemente il suo ruolo senza interrogarsi sulle conseguenze delle azioni che compiono sentendosi in un qualche modo giustificate dall’ordine imposto da superiori.
Se da una parte risulta riproverevole l’adesione entusiastica al corpo delle SS, non è da considerarsi comprensibile l’indifferenza dei cittadini. Un esempio ci è fornito dal campo di concentramento di Sachsenhausen, dove edifici si affacciavano e si affacciano direttamente su di esso. È impensabile sostenere che i cittadini non fossero a conoscenza di ciò che accadeva.
Le motivazioni per le quali nessuno sia intervenuto a favore della chiusura di Sachsenhausen sono varie e complesse: parte appogiava l’ideologia presente, altri mantenevano un atteggiamento del tutto indifferente, mentre altri ancora temevano possibili ritorsioni su di sè e la propria famiglia.
Nonostante le persone siano estremamente soggette a essere manipolate, la cultura rappresenta un ottimo strumento di prevenzione contro l’influenza della propaganda. Eppure nemmeno essa è sufficiente a garantire lo sviluppo di un pensiero autonomo che deve essere cercato esercitando il dubbio, ma può essere usata come arma nelle mani del regime.
Un esempio lampante è rappresentato dal dottor Mengele, detentore di due lauree e un dottorato, il quale non si è posto scrupoli a utilizzare come cavie i detenuti dei campi.
Alessandro Bongermino, Lorenzo Fontana, Giulia Foroni, Giada Guidetti – Classe 5F, Istituto Gobetti, Scandiano