Istituto Lelio Orsi, Novellara (RE) – 2020
Giacomo
Baccarani
Durante il periodo di prigionia compone un diario, intitolato da lui “Appunti di prigionia” contenente stati d’animo, situazioni, fatti, speranze ormai perdute e delusioni.
La copertina riporta un luogo e una data: Sudauen, 12 ottobre 1943.
Giacomo è un bracciante agricolo residente a San Bernardino di Novellara, nato il 1 luglio 1922 da Federico e Bonini Zita.
Celibe, di religione cattolica, viene arruolato il 6 maggio 1941 e fatto prigioniero dei tedeschi il 20 settembre del 1943 a Udine, a seguito di un armistizio firmato l’8 settembre.
Giacomo viene deportato in un campo di concentramento a Sudauen, al confine con Lituania, Prussia, Russia Bianca e Polonia.
Durante il periodo di prigionia compone un diario, intitolato da lui “Appunti di prigionia” contenente stati d’animo, situazioni, fatti, speranze ormai perdute e delusioni.
La copertina riporta un luogo e una data: Sudauen, 12 ottobre 1943.
Il lavoro al campo di concentramento risulta molto stressante e faticoso; nonostante questo Giacomo rifiuta l’arruolamento nelle SS e nella RSI pur di non tradire la propria patria.
Nel novembre del 1943 lui e i suoi compagni sono obbligati ad abbandonare il lager per svolgere il lavoro di macellazione e allevamento pollame.
“E’ un lavoro leggero con pollame a volontà e un buon vettovagliamento”, Giacomo con queste parole sembra apprezzare il nuovo lavoro perché gli offre cibo e un discreto salario.
Purtroppo, a inizio dicembre, è costretto a ritirarsi a Ohestien, a causa dell’avanzamento dei Russi.
Qui, lui e i suoi compagni trascorrono il Natale in prigionia; il cappellano don Luca celebra una messa in una squallida baracca con due brande, un altare e un crocifisso in legno scolpito da un prigioniero. Giacomo risente molto della mancanza di casa durante questa festività: è già il terzo anno lontano dai suoi cari.
Il nuovo anno porta speranza nel cuore di Giacomo, che spera in cambiamenti e novità: “Speranza: è l’ultima cosa che rimane…”, così scrive sul suo diario.
Il 10 gennaio lascia Ohestien e parte per Mullberg, dove arriva dopo un viaggio di quattro giorni in un carro bestiame, al freddo e con poche risorse.
Il 14 gennaio è la prima volta in cui Giacomo scrive a casa una lettera: ci chiediamo cosa abbia chiesto ai propri familiari, ai propri amici… Pagine e pagine di domande: “State tutti bene? Il lavoro è duro anche da voi? Nessuno è stato fatto prigioniero? Da voi è ancora tutto calmo?” e frasi rassicuranti sulle proprie condizioni: “Qua va abbastanza bene, mi trovo a Mullberg, il lavoro è molto pesante ma io resisto…”.
Sul suo diario riporta brevi informazioni sul lager: “Qua si dorme in 280 in una baracca per 100, un pane in sette e due porzioni al giorno di cibo…”
La vita non deve essere facile: il lavoro sovrumano a cui è sottoposto ogni giorno viene ripagato a malapena con un pezzo di pane e un luogo precario e affollato in cui dormire.
Il 10 febbraio lascia Mullberg per lavoro al deposito munizioni. Ancora peggio: ogni giorno che passa il cibo e il sonno diminuiscono sempre di più, e come se non bastasse il maresciallo nella baracca è molto severo e rigido.
Il 29 marzo riceve dai propri cari la prima cartolina: Giacomo viene travolto da felicità e trepidazione, finalmente notizie da casa, notizie sui suoi amici, la sua famiglia…
Il 25 aprile riceve un pacco dai suoi genitori, ma anche in un momento di gioia come questo ci deve essere un momento di dolore: insieme al pacco arriva anche la notizia della morte di un suo amico, rimasto in Italia.
Inoltre due dei suoi compagni, che vivono con lui nella baracca, muoiono di fame.
Il 29 aprile riceve il secondo pacco: il ricordo della mamma, la nostalgia e la voglia di riabbracciare la propria famiglia devono essere le uniche emozioni che prova ogni volta che riceve una cartolina o un pacco da loro. “Povero papà, preparare i pacchi con il cuore in subbuglio. Le lacrime saranno ai suoi occhi, egli sa”, Giacomo si rattrista al pensiero che suo padre sappia a che fine è destinato, dato che ha ancora vivo il ricordo della Prima guerra mondiale.
Il 5 agosto 1944 viene ricoverato per tubercolosi e il 16 viene trasferito all’ospedale di Lipsia. La malattia viene definitivamente diagnosticata il 22 agosto. Disperazione e preoccupazioni affollano la mente di Giacomo, mentre il suo corpo si indebolisce ogni giorno di più, lui spera nel rimpatrio per malattia.
Il 30 agosto viene trasferito all’ospedale di Zeithain, dove dopo un esame radioscopico gli viene confermata ufficialmente una tubercolosi con pleurite.
Qui trova il cappellano don Ghidini di Guastalla e il cappellano don Luca del Recinto C che gli fornisce mutande cappotto e camicia. Giacomo lo definisce un vero padre di famiglia il quale gli dimostra affetto.
Il 25 ottobre Giacomo scrive sul suo diario che non gli arrivano più pacchi. Dopo quel giorno, le forze di scrivere lo abbandonano, insieme alla ormai lontana speranza che le cose si possano risolvere.
Muore a Zeithain, in Germania, nell’ospedale “Prigionieri di guerra” il 25 novembre 1944 alle ore 18.50.
Viene sepolto nel cimitero per italiani in Germania, nella tomba numero 575.
L’amico don Erio Ghidini, che lo assiste durante la malattia, ha il duro compito di riportare alla famiglia la terribile notizia e gli oggetti personali di Giacomo.
Giacomo muore all’età di 22 anni, ancora giovane e con una vita davanti, con ancora un mondo da scoprire, anche se un mondo distrutto dalla guerra.Ci ha lasciato un diario, dal quale possiamo ricostruire la sua storia, capire le sofferenze che ha dovuto subire, la nostalgia di casa, la perdita della speranza di poter tornare a essere un uomo libero.
Molti soldati italiani sono morti nei campi di concentramento, uomini come Giacomo, che non vanno dimenticati per non commettere gli stessi errori del passato.
Caro Giacomo,
Pensiamo che sia stato molto difficile per te passare da uomo libero a prigioniero,soprattutto al momento della partenza.
Rifiuti di essere immatricolato nelle SS e rifiuti di essere immatricolato nell’esercito Repubblicano.
Molte persone hanno risposto “NO”. Giacomo Baccarani, anche tu, hai risposto “NO”, hai rinunciato alla tua libertà per i tuoi ideali. Ti diciamo solo grazie.
17 febbraio del 1944 sei partito per Althenain, per lavorare in un deposito di munizioni. La fame, il freddo e il duro lavoro, ti hanno fatto perdere le speranze. Il campo ti sta distruggendo sia fisicamente che psicologicamente, ti stanno privando della tua dignità, rendendoti “nessuno”.
La fame, il lavoro e il freddo stanno diventando la tua quotidianità, speri solo che finisca. Siete considerati animali, in condizioni disumane. Per voi neanche la morte poteva essere più dolorosa di tutto questo. Resisti perchè la tua famiglia crede in te e aspetta con ansia il tuo ritorno, resisti per tutti i detenuti che hanno bisogno di positività, coraggio e speranza, resisti per il rispetto dei tuoi diritti e per il dolce sapore della libertà.
Ti sono arrivati gli ultimi 2 pacchi, la malattia si fa sempre più grave, l’acqua riempie sempre di più i polmoni: nonostante ciò il tuo amico don Ghidini ti sta sempre vicino e prega per te e insieme a te sperando che tu riesca a sopravvivere, per tornare dalla tua famiglia dopo la guerra; certo, il cibo è poco e le medicine non sono adeguate ed efficaci, ma la speranza di poter riabbraciare i tuoi cari e di sentire le parole “la guerra è finita” ti danno la forza di continuare a lottare contro la malattia e di pensare di poter essere libero.
Durante questo mese hai ripensato a tutto ciò che, forse, troppo spesso diamo per scontato,ovvero la libertà e lo stare vicino ai propri cari,che ora tu senti molto lontani.
Il 25 novembre 1944 prima di esalare il tuo ultimo respiro preghi insieme a don Ghidini. Avevi solo 22 anni.
Vivi ora nei nostri pensieri. Hai fatto la cosa più importante che potevi: hai raccontato nonostante la fame, nonostante il freddo, nonostante la fatica, nonostante il dolore. Grazie a te noi ora sappiamo, abbiamo visto con i tuoi occhi e sentito con le tue parole. Ci hai resi parte della tua vita, tuoi testimoni. Nei nostri occhi il tuo sguardo. Lo saremo fino alla fine e renderemo tali altri. Grazie Giacomo.
Agostino Ibatici
Toano, RE 42010