Istituto Lelio Orsi, Novellara (RE) – 2020
Guido
Ghiacci
“mi sono reso conto che nella tua vita ci sono state più “tempeste” che “arcobaleni”, ma nonostante questi tu hai sempre trovato la forza di andare avanti e di batterti per i tuoi ideali“.
Una Pietra d’Inciampo per Guido Ghiacci, un inciampo non fisico dunque ma anche visivo e mentale, per far fermare e riflettere chi vi passa vicino.
Le pietre d’inciampo hanno lo scopo di ricordare i deportati caduti nei campi di detenzione, affinché la nostra memoria non li dimentichi.
A differenza degli altri monumenti, le pietre d’inciampo sono messe davanti alle abitazioni dei deportati per ricordare loro e il luogo dove hanno vissuto e per farci riflettere
Le pietre d’inciampo ricordano non solo tutti i deportati nei campi di sterminio ma anche coloro che sono stati deportati in campi di concentramento e detenzione e in particolare oggi vogliamo ricordare il nostro concittadino Guido Ghiacci.
Un inciampo non fisico, dunque, ma visivo e mentale, per far fermare e riflettere chi vi passa vicino.
Parlando di Guido Ghiacci abbiamo conosciuto gli IMI ossia gli Internati Militari Italiani: soldati italiani che furono catturati e deportati nei territori della Germania dopo l’8 settembre 1943.
Questi militari vennero deportati in campi di prigionia, ma non furono considerati “prigionieri di guerra”; per questo essi presero il nome di IMI.
Quando ai prigionieri venne chiesto se continuare a combattere a fianco dei tedeschi o fascisti, gli IMI rifiutarono qualsiasi forma di collaborazione, affrontando sofferenze e privazioni.
Decine di migliaia di IMI persero la vita nel corso della prigionia per malattie, fame, stenti e uccisioni.
Coloro che riuscirono a sopravvivere furono segnati per sempre.
Nell’Italia del primo dopoguerra la storia degli IMI fu presto dimenticata.
Gli storici cominciarono ad occuparsi degli IMI solo dalla metà degli anni Ottanta: tardi, ma forse ancora in tempo per far conoscere questa storia e per rendere il giusto omaggio a tutti loro che, con il loro sacrificio, contribuirono a portare la libertà e la democrazia nel nostro paese.
La memoria è fondamentale, ci aiuta a fissare nella storia quello che è accaduto, e dovrebbe aiutare a non ripetere nuovamente quei passi pericolosi che potrebbero produrre nuovamente odio e violenza.
Oggi anche Novellara, per non dimenticare, pone quattro pietre d’inciampo che ricordano 4 novellaresi: tre internati militari italiani e un perseguitato, Guido Ghiacci, Giacomo Baccarani, Vittorio Busana e Carlo Segre’. Noi ragazzi della scuola media di Novellara in collaborazione con le istituzioni comunali e Istoreco abbiamo partecipato a questo progetto.
Il percorso ci ha portato alla conoscenza di Guido Ghiacci. Conoscere la sua storia è stato per noi molto importante perché’ ci ha reso consapevoli dell’importanza della memoria.
Scopo delle pietre è il ricordo affinché’ i passanti che vi inciampano chinandosi per capire qual era l’ostacolo che li ha fatti cadere si trovano di fronte a nomi, date e storie da riscoprire.
“E voi, imparate che occorre vedere e non guardare in aria, occorre agire e non parlare”.
Queste parole sono tratte da una poesia di Bertold Brecht che per noi ragazzi e non solo sono molto significative, perché’ ci fanno capire che bisogna stare molto attenti a quello che succede e che ci circonda e non sorvolare neanche sulle piccole cose, perché’ tutto ha un significato. Il ricordo può’ rendere forti, può’ unire nel percorso di crescita e collaborazione che porta al concreto e oggi più’ che mai fondamentale vivere civile. Non basta condannare il male: è importante studiare e capire com’è’ potuto accadere.
In ricordo di Guido Ghiacci: un fittizio scambio epistolare, dicembre 1943
Caro Vittorio,
sono Guido, tuo zio.
In questa lettera ti racconterò un po’ di me, nell’attesa di incontrarti, anche se credo che sarà difficile…
Sono nato il 20 marzo 1916 proprio a Novellara; ero un abile agricoltore e mi piaceva abbastanza come mestiere.
Esattamente all’età di 20 anni però mi dovetti arruolare nell’esercito. In quello stesso anno chiesi il congedo anticipato, per tornare a casa prima e aiutare nel lavoro dei campi, ma non mi venne concesso, perché mio papà, ovvero tuo nonno, era stato considerato abile al lavoro e quindi non aveva bisogno del mio aiuto.
A proposito come stanno il nonno Enrico e la nonna Rosa? Mi mancano molto, posso assicurarti che saranno dei nonni fantastici e che non ti faranno mai mancare nulla. Ti confido che per quanto sia lunatica la nonna sarebbe disposta a darti letteralmente tutto, soprattutto i suoi fantastici maglioni di lana colorati e strambi come lei.
Facendo un salto negli anni arriviamo in un periodo in cui sono successe tante cose: il 18 agosto 1937 venni ricoverato all’ospedale di Roma e a maggio del 1938 venni congedato per motivi di salute…
Nel 1939 però venni richiamato nell’esercito ancora una volta… Poco tempo dopo infatti iniziò la guerra.
Tutti sanno però che dopo la tempesta viene sempre fuori l’arcobaleno e nel 1941 finalmente riuscii a tornare a casa. L’anno successivo sposai la zia Antonietta, la donna più forte, sincera e bella che abbia mai incontrato e con cui avrei voluto passare il resto della mia vita…Purtroppo però per tuo zio la tempesta era ancora in corso.
Nel 1943 decisi di non collaborare con l’RSI e per questo venni deportato in Germania insieme ad altri soldati miei compagni.
In questo momento io per l’esattezza mi trovo in un campo di lavoro a Strasburgo. Qui l’inverno è gelido e ci fanno lavorare senza sosta, alcuni miei compagni si sono già ammalati…
Non so se sopravviverò, non so se riuscirò mai a incontrarti di nuovo, sono partito che eri così piccolo… Con questa lettera voglio incoraggiarti ad andare sempre avanti a testa alta nella vita, nonostante gli alti e i bassi, e ad opporti con coraggio a ciò che pensi sia ingiusto… come nel mio piccolo ho fatto anche io.
Un forte abbraccio mio caro nipotino Vittorio,
Guido
Luglio 1955
Caro zio,
sono Vittorio, il tuo nipotino.
In questo momento sono in camera mia a piangere: ho ricevuto oggi la tua lettera e ho deciso di risponderti, anche se tu, questa lettera, non potrai mai leggerla.
Inizio col dirti che avrei tanto voluto conoscerti, ma purtroppo sei morto proprio in quel campo da cui mi scrivevi nel 1944, all’età di 28 anni, a causa di una tubercolosi polmonare, o qualcosa del genere, non me ne intendo molto, ho solo 15 anni.
Leggendo la tua lettera mi sono reso conto che nella tua vita ci sono state più “tempeste” che “arcobaleni”, ma nonostante questi tu hai sempre trovato la forza di andare avanti e di batterti per i tuoi ideali.
Quando ero più piccolo sono riuscito a passare del tempo con la nonna e il nonno; purtroppo non ho tanti ricordi di loro, ma tutti quelli che ho sono felici, mi hanno sempre strappato un sorriso e la nonna mi ha regalato un sacco di maglioni di lana, proprio come mi avevi scritto tu nella lettera. Hanno sofferto davvero tanto e gli mancavi sempre.
Un’ultima cosa: vorrei solo dirti che ti voglio bene, che per me sei un eroe, e ti svelo anche un piccolo segreto, la tua lettera non è andata dispersa: è qui, nel mio taschino, vicino al cuore, proprio dove sei tu.
Un grandissimo abbraccio dal tuo nipotino Vittorio.
Guido Ghiacci
Via Viazzola Borgazzo 1
42017 Novellara RE