Un luogo dove le grida permangono fra le pareti e il silenzio assorda e sopprime. Questo per me è Auschwitz.

Attraversando il campo non potevi che sentire il solo battito del tuo cuore e il tuo respiro, non una mosca o un soffio di vento, come se tutto, anche il tempo e la sensazione di morte, fossero rimasti congelati e immobili all’interno del recinto di filo spinato per sempre. Ma il momento più duro arriva quando ti trovi davanti delle fotografie, dei volti, degli oggetti personali, dei capelli, segni tangibili del passaggio di milioni di persone in carne ed ossa. Ed è qui che ti rendi realmente conto dell’orrore dello sterminio, poichè ogni numero diventa un nome, ogni pezzo si trasforma in una persona e dietro ad ogni cadavere trovi un passato, una famiglia, felicità e tristezze della vita di tutti i giorni, dei sogni e delle speranze. In poche parole la dignità umana.

E credo personalmente che in questo consista il più grande fallimento dei nazisti: avranno anche sterminato un’intera popolazione ma non sono stati capaci di togliergli completamente il loro essere umani.

D’ora in poi, ogni volta che sentirò parlare di memoria e olocausto, il mio pensiero andrà a tutti quei volti delle fotografie che ho potuto vedere oggi nei campi… ma sopratutto a quelli che non hanno avuto la fortuna di un’immagine scattata e le di cui ceneri giacciono sul fondale di laghetti ghiacciati.


Maya, 5G Matilde di Canossa