CLASSI QUINTE SEZIONI A-G
IIS “Cattaneo-Dall’Aglio”, Castelnovo ne’ Monti (RE) – 2021

DANTE AMEDEO

GILIOLI

Dante Adamo Gilioli è nato il 21 giugno 1899, svolgeva la professione di mezzadro ed era coniugato con Maria Tincani. Gilioli è stato deportato a Kahla all’età di 45 anni, dove è morto il 9 gennaio 1945 per deperimento organico.

Dante Adamo Gilioli era un contadino mezzadro. Nato a Castelnovo ne’ Monti il 24
novembre del 1899, trascorse gran parte della sua vita a Carniana, località del comune di Villa Minozzo. Qui si sposò con Maria (in alcuni documenti compare in alternativa il nome di “Caterina”) Tincani, da cui ebbe quattro figli, tre femmine e un maschio.
In un giorno imprecisato del 1944 fu “venduto” da un fascista locale agli occupanti nazisti, i quali diedero alle fiamme la casa di Adamo; stando a una delle poche testimonianze cui abbiamo potuto attingere, l’unico ad aiutare sua moglie a portare in salvo qualche masserizia fu un soldato tedesco, mosso a compassione dal ricordo della propria famiglia, rimasta in Germania. Dante fu quindi internato a Fossoli e di qui smistato a Kahla, per fornire forza lavoro al Terzo Reich.

Morì il 10 gennaio del 1945, nel lager 7 di Kahla, quello della “rieducazione al lavoro”, in cui erano in vigore condizioni molto dure; venne quindi sepolto in una fossa comune adiacente al campo di prigionia. I documenti ufficiali, da noi consultati tramite l’archivio on-line di Bad Arolsen, non concordano sulla causa della morte: alcuni parlano di “debolezza generale”, altri di “dissenteria”; la sostanza però non cambia: Dante Adamo fu ucciso dalla sfiancante mole di lavoro che veniva pretesa dagli aguzzini nazisti, e dalle condizioni disumane in cui era costretto a sopravvivere.
Per soli tre mesi egli non vide la “liberazione” del campo di Kahla, dove nell’aprile del 1945 giunse l’esercito alleato. Dovranno però trascorrere altri 7 lunghi anni perché la famiglia Gilioli possa conoscere con certezza il destino del proprio caro: la morte di Adamo venne infatti riconosciuta ufficialmente dall’anagrafe di Villa Minozzo solamente il 5 marzo 1952.

È però mancato sino a quest’anno ai figli, ai nipoti, agli amici, alla comunità intera un luogo in cui commemorare il loro padre, il loro nonno, il loro compaesano; questo è il valore delle pietre d’inciampo, come quella che abbiamo posato il 4 maggio scorso: esse riportano finalmente a casa coloro che se ne sono forzatamente allontanati decenni fa e offrono uno spazio in cui ritrovare chi si era pianto come perduto, ma infine è stato ritrovato.

Questo progetto ha dato a noi ragazzi la possibilità di riflettere sul fatto che le deportazioni, i rastrellamenti e le atrocità della seconda guerra mondiale abbiano colpito anche il nostro piccolo territorio. Scoprire di persone sradicate da questi territori ci ha fatto capire che quanto raccontano i libri di Storia ha toccato anche il paese in cui viviamo, è accaduto nel teatro in cui molte volte andiamo ad assistere a spettacoli o nelle abitazioni di fronte ai locali in cui ci divertiamo. Abbiamo compreso che la nostra generazione e quelle future hanno un compito molto importante, quello di non dimenticare quanto è successo e di tramandarlo, perché, quanto più un evento si allontana nel tempo, tanto più se ne vanno le figure che sono in grado di fornirne testimonianze dirette, e sempre più si fanno sentire le voci che piegano e distorcono il senso più autentico di questi eventi. Noi vogliamo invece sempre ricordare; è importante soprattutto aver presente che vicende come quella di Dante Adamo
si sono verificate nel quasi totale silenzio collettivo e che tardivamente l’umanità ha
realizzato la brutalità di quanto perpetrato o subìto. Di questo insegnamento dobbiamo far tesoro per riuscire a non riproporre quel silenzio a fronte delle tante ingiustizie che ancora oggi vediamo nel mondo: non dovrebbe ad esempio essere tollerato che persone innocenti vengano private della propria libertà; di che colpa si è macchiato Gilioli prima della sua cattura? Nessuna, eppure un fascista locale decise di venderlo ai nazisti per egoismo.

Ricordiamoci di fare la differenza nel nostro piccolo, così come il soldato tedesco, l’unico che aiutò la moglie del “nostro” deportato a mettere in salvo alcuni oggetti mentre la loro casa andava in fiamme. In quella circostanza egli si dimostrò un uomo di animo nobile, nonostante combattesse dalla parte dei nazisti.

Seguire un’ideologia ci rende parte integrante di un gruppo e ci fa sentire più forti, ma al momento di schierarsi bisogna sempre distinguere il bene dal male e adottare un
comportamento etico. Immedesimarsi. Così come fece allora il soldato tedesco: pensò che anche lui aveva dei figli e una compagna, e che aiutare una povera madre rimasta sola fosse la cosa giusta da fare. Noi ragazzi ci sentiamo di rendere grazie a chi ha parlato, ha agito, ha cercato di abbattere i muri dell’indifferenza nei confronti di ciò che è stato e che succede ancora, pure se in forme differenti.

Impegniamoci a non far morire il ricordo, documentiamoci sul passato e informiamoci sul presente.
Facciamo brillare l’ottone delle pietre d’inciampo.
Rispettiamo tutti coloro che hanno subìto prevaricazioni.
“Inciampiamo nel passato” per acquisire maggiore consapevolezza e, se possibile, creare un futuro migliore.

Dante Adamo Gilioli

Carniana
Villa Minozzo