5H Istituto Catteneo-Dall’Aglio, Castelnovo ne’ Monti (RE) – 2021
Flaminio
Bertini
Flaminio Bertini era nato il 25 aprile del 1905 a Carù, una frazione di Villa Minozzo, dove svolgeva l’attività di contadino. Catturato all’inizio di agosto del 1944 dalle truppe tedesche, è deportato a Khala dove muore il 26 gennaio 1945.
BIOGRAFIA
Flaminio Bertini era nato il 25 aprile del 1905 a Carù, una frazione di Villa Minozzo, dove svolgeva l’attività di contadino. Probabilmente venne catturato, all’inizio di agosto del 1944, dalle truppe tedesche che stavano mettendo a ferro e fuoco l’Appennino, per essere poi deportato a Khala. Non a caso gli unici, scarni documenti che ci sono pervenuti sono stati realizzati proprio dall’amministrazione del campo di lavoro in Turingia. Dall’atto di denuncia di morte, redatto il 27 gennaio 1945 (il giorno successivo alla sua dipartita) abbiamo avuto la conferma che Flaminio era celibe, mentre in altri elenchi la causa della sua morte fu attribuita a debolezza generale. Il comune di Villa Minozzo ricevette la comunicazione della sua morte, trasmettendola poi ai familiari, solo nel 1951.
DAGLI SCRITTI DEGLI STUDENTI
Affrontando il periodo storico della seconda guerra mondiale e la vicenda di Flaminio Bertini, di cui ci siamo occupati, ci sono sorte spontanee alcune riflessioni, innanzitutto: oggi noi abbiamo molti diritti che acquisiamo fin dalla nascita; una volta non era così, in particolare nel periodo tra le due guerre, e coloro che sono venuti prima di noi hanno, in molti casi, dato la vita per conquistare quei diritti che oggi noi riteniamo, erroneamente, acquisiti una volta per tutte.
Ma se ci guardiamo nello specchio di quegli anni drammatici per il mondo, per l’Europa, per l’Italia e per il nostro Appennino, a noi viene da chiederci se tutti questi diritti ce li meritiamo, se siamo all’altezza di coloro che ci hanno preceduti e che per conquistare libertà e diritti per tutti, anche per noi, non hanno esitato a dare la propria vita. Noi oggi, probabilmente, non diamo la giusta importanza a tutto questo, non capendo forse fino in fondo quanto siano fondamentali certi diritti (come la libertà appunto) e certi valori (come la memoria) – o quanto sia insopportabile la totale assenza di libertà, quel che significa essere strappati dalla propria casa, dai propri cari ed essere deportati in luoghi lontani, per vivere e lavorare forzatamente fino a morire in condizione di schiavitù – e anche se non sappiamo molto di storia contemporanea, il percorso che abbiamo fatto quest’anno con Istoreco e con Chiara Torcianti, ci ha reso maggiormente consapevoli di quel che è stato il nostro recente e doloroso passato e di quel che dovremo fare negli anni a venire: RICORDARE gli eventi tragici, i morti innocenti, ricordare chi ha combattuto per la libertà, chi ha dato la vita per opporsi all’invasione nazifascista. Ricordare sempre, perché solo conoscendo e ricordando potremo gridare con in coro: MAI PIU’!
Il percorso che abbiamo seguito e che porta oggi alla posa della pietra del “nostro” deportato, Flaminio Bertini, ci ha fatto ragionare e riflettere su vari temi, il principale dei quali è sicuramente la memoria: la memoria come dovere e come forma di partecipazione da parte dei cittadini alle sofferenze patite da moltissimi civili durante la seconda guerra mondiale; ma anche il tempo che passando tutto divora e tutto precipita nell’oblio e a cui solo la memoria che conserva può opporsi: supponiamo che il mondo ieri abbia perso la memoria (come se non stesse già accadendo…); come se tutti i ricordi non esistessero più e le tracce degli eventi, delle opere, delle atrocità precedenti fossero state cancellate. Si dice che il buon cittadino sia colui che è utile agli altri, e che la vita di ognuno di noi si snodi e prenda forma tra memoria individuale e ricordi collettivi: ma se non ricordo quel che ho fatto, quel che abbiamo fatto stando assieme come facciamo a sapere che abbiamo vissuto e come abbiamo vissuto? Come possiamo imparare da quel che gli uomini hanno fatto in passato se non ritroviamo il valore aggregante della memoria per la collettività? Vogliamo e dobbiamo conoscere il passato, perché è il passato a dare forma al presente e soprattutto per sentirci legati a chi è venuto prima di noi. Allora, ci è parso di capire, il compito del buon cittadino è innanzitutto il dovere del ricordo, la verità e la giustizia che si legano al ricordo del passato. Così abbiamo imparato che la memoria è l’unico antidoto contro la morte: dove c’è memoria c’è vita – la memoria dei nomi della lista di Schindler per esempio – film che abbiamo visto in classe. E a 19 anni, alla nostra età, si vuole la vita e per volere la vita ci dobbiamo prendere la responsabilità della verità e soprattutto della memoria di ciò che facciamo e che prima di noi è stato fatto. La memoria è il nostro dovere di cittadini. VIVA LA VITA, VIVA LA LIBERTA’.
Flaminio Bertini
Via Laneto 10
Carù di Villa Minozzo RE 42030