Classe 4B Liceo Rinaldo Corso, Correggio (RE) – 2016

Gilda e
Claudio Sinigaglia

Gilda Sinigaglia nasce a Correggio l’1 marzo 1897 da una famiglia ebrea molto potente sul territorio e ben inserita nel contesto sociale e politico.

Il padre, Settimo Sinigaglia, infatti, è stato tenente di cavalleria e ufficiale dell’esercito per ben quindici anni (partecipò anche alle imprese per l’Unità d’Italia). Si è sposato con Venturina Saba, detta Sabina, madre di Gilda e dei suoi quattro fratelli maggiori: Lucia, detta Allegrina, Guglielmo, Guido e Claudio.
Gilda era comproprietaria con la sorella e con il fratello Claudio di una villa, probabilmente utilizzata come residenza estiva, in via S. Martino 7 a San Martino piccolo (Reggio Emilia). Come si può leggere da un assegno alla sorella Lucia, firmato dall’avvocato Piero Cottafavi (podestà di Correggio), quest’ultima è fedele promotrice del regime fascista e prova uno spiccato amore per la patria, dote tradizionale della sua famiglia. Infatti fu la principale promotrice a che il locale ospedale civile, nel 1915, fosse attrezzato a ricevere circa 200 feriti di guerra, concorrendo pure all’allestimento di 10 letti a sue spese. Anche la sorella minore partecipò attivamente come dama infermiera durante la Prima Guerra Mondiale e fornì lavori di lana ai combattenti dimostrando un “eccezionale spirito di italianità”, come emerge da alcuni documenti. Nel 1911 Gilda si trasferisce con il resto della sua famiglia a Bologna.
Gilda non era sposata e, grazie ad alcuni documenti, si può ricavare l’informazione della professione da lei svolta: “casalinga”. Questo ci permette di dedurre l’elevata posizione sociale della famiglia che le permetteva di non lavorare.
Il 24 Agosto 1938 è costretta a rispondere al Censimento degli ebrei effettuato dal comune di Bologna. Nell’ottobre 1939 si trasferisce da Bologna a Correggio, probabilmente insieme alla sorella Lucia. La famiglia intera si trasferisce completamente a Correggio nel ‘42, a seguito dell’approvazioni delle leggi razziali sempre più “pesanti” e alla ricerca di una sempre minore visibilità a livello sociale. Il 10 Ottobre 1943 i tedeschi sequestrano la residenza appartenente alla famiglia Sinigaglia che è costretta ad abbandonare la villa in poche ore. Claudio, fratello di Gilda e avvocato, scriverà una lettera affinché la casa, ormai adibita a bordello per i soldati, per lo meno venga utilizzata per mansioni più dignitose e utili alla comunità. In seguito a questi fatti, dal giorno 8 Settembre 1943, Gilda insieme alla sorella Lucia vive nascosta nella canonica di San Michele dei Mucchietti a Sassuolo. Nell’inverno seguente, le sorelle vanno in visita al fratello Claudio, anche lui costretto a vivere nascosto in una cantina e, per lo strapazzo e le condizioni atmosferiche, Gilda si ammala di polmonite.

Sarà principalmente questa la causa della sua morte, avvenuta il 2 aprile 1945 all’età di 48 anni
Sei milioni di morti. Sei milioni di vite stroncate, durante i sei anni di Seconda guerra mondiale. Sei milioni di persone a cui è stata tolta la possibilità di abbracciare i propri cari, di dare alla luce i propri figli, di diventare vecchi e morire nel letto della propria casa. Sei milioni di persone, a cui è stato portato via il bene più prezioso che possedevano: la vita. Si veniva privati di tutto: non si avevano più oggetti personali, una casa, una famiglia, e si veniva persino privati del proprio nome. Perchè durante la Seconda guerra mondiale, essere ebrei significava essere un numero.
Per questo motivo, molti dei nomi di questi sei milioni non ci sono mai arrivati. La maggior parte di queste persone rimarrà solo un cumulo di ossa senza nome o identità.
Solo un numero.
Questa sorte, però, non toccò a Claudio Sinigallia, rinomato avvocato, padre di due figli, nato il 3 dicembre del 1895.
Claudio era ebreo, ma questo non lo fermò dal servire ciecamente la propria patria, prestando servizio militare durante la Prima guerra mondiale, da cui rimase segnato per sempre, a causa di una mutilazione, ma per cui ottenne una medaglia al valore. Credeva, in quegli ideali che ai suoi occhi parevano giusti e nobili. Credeva di essere un cittadino privilegiato per il suo prestigio e la sua lealtà verso la patria.
Ci credeva, in tutto questo. Ci credeva davvero. Ma per lo Stato lui rimaneva comunque un ebreo; e il 10 ottobre del 1943, il partito fascista non esitò a ricordarglielo.
La villa della famiglia, usata come residenza estiva, in via San Martino 7, fu requisita da un manipolo di soldati. Guglielmo, Guido, Gilda, Lucia e Claudio Sinigaglia, furono costretti in due ore a lasciare la residenza, potendo portare con loro stessi solo poche cose, un po’ di soldi, e qualche ricordo legato ai genitori, Settimo e Sabina Venturina.
Anche Claudio divenne così un ebreo uguale agli altri, nonostante il privilegio, ottenuto nel 1938.
Non valsero a nulla le lettere inviate al partito, affinchè questo avesse rispetto per la sua villa, adibita a casino per i soldati tedeschi, affinché catalogasse i beni e riducesse i danni al minimo. Non servì a nulla. Fu così costretto a scappare e nascondersi per oltre un anno, come un criminale, come se avesse lui qualche colpa.
Morì nell’inverno del 1944. Morì poichè le scorte di insulina, che servivano per curare il suo diabete, non arrivarono. Morì solo, di una morte che mai si sarebbe aspettato.
In quel giorno, il Regime l’ebbe vinta un’altra volta. Vinse perchè riuscì a spegnere un’altra vita. Vinse un altra piccola battaglia, che aveva come premio un’unica cosa: la morte.

Gilda e Claudio Sinigaglia

Via Mandrio, 1, 42010 Rio Saliceto RE, Italia