5E Liceo Scientifico “Piero Gobbetti”, Scandiano (RE) – 2021

GUGLIELMO

CORRADINI

Guglielmo Corradini nasce a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, il 6 giugno 1896. Si oppone fin da subito al partito fascista, attirando su di sé le attenzioni delle camicie nere, che il 19 settembre 1922 fanno irruzione nella sua abitazione: dopo quell’evento traumatico Guglielmo partirà in esilio per la Francia per poi combattere in Spagna nelle file repubblicane.

Guglielmo Corradini nasce a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, il 6 giugno 1896. Dai documenti dell’anagrafe sappiamo che proviene da una famiglia di umili condizioni, è figlio di Anselmo Corradini e Benvenuta Prampolini, ha un fratello, Romeo, e tre sorelle, Giulia, Francesca e Clementina. Dai documenti relativi al passaporto si evince che nel corso del periodo vissuto in Italia lavora come bracciante per contribuire al sostentamento della famiglia. Si oppone fin da subito al partito fascista, attirando su di sé le attenzioni delle camicie nere, che il 19 settembre 1922 fanno irruzione nella sua abitazione in piazza Spallanzani 9/A, sconvolgendo tutta la famiglia e in particolare la madre, che già debole di salute, diventa anche paralitica.

Il giorno successivo è costretto a fuggire in Francia e per diversi anni abiterà a Parigi, in Rue du Chateau des Rentiers, svolgendo diverse mansioni: dapprima lavora per una compagnia ferroviaria, poi diventa calderaio e infine cementista. Rimane sempre legato agli ideali del partito socialista, tanto da diventare un membro di alto livello all’interno del comitato esecutivo. Viene ferito durante una rissa, che ha come protagonisti socialisti e comunisti, come riportano i documenti del Casellario Politico Centrale di Roma. Il 1° novembre 1936 decide di varcare il confine francese e arriva in Spagna, dove si arruola all’interno della XII Brigata Garibaldi, sostenendo i suoi ideali antifascisti, per combattere contro le truppe di Francisco Franco. Dopo la vittoria di quest’ultimo, il 6 febbraio 1939 è costretto a ritornare in Francia, ma viene internato nei campi francesi di Gurs e Argeles, bollato come clandestino o indesiderabile. Dagli Archivi Nazionali Francesi sappiamo che viene arruolato all’interno dell’esercito francese, dove viene sfruttato nelle compagnie di lavoro.

Dopo la conquista della Francia da parte della Germania, viene catturato e arriva come deportato il 25 gennaio 1941 nel campo tedesco di Mauthausen, con un gruppo di spagnoli antifascisti. Qui viene privato del proprio nome, diventando la matricola 4939. La sua vita si conclude l’11 agosto 1941 all’interno dell’VIII blocco del sottocampo di Gusen, probabilmente a causa di un’insufficienza respiratoria, come è riportato nei documenti del campo di internamento.

Pagina di diario, frutto della creatività degli studenti basandosi su fonti documentate

21/03/1941, ore 10 – campo di Gusen

È da più di un mese che mi trovo in questo desolato campo. Ogni giorno è una tortura: all’alba, io e i miei compagni veniamo svegliati bruscamente sotto la minaccia degli ufficiali che agitano in aria i loro manganelli e ci urlano di sbrigarci a uscire. Con l’esperienza, ho imparato che conviene non rimanere ultimo; la scorsa settimana un mio compagno spagnolo è stato picchiato a sangue dalle guardie per essersi attardato. Ogni mattina siamo costretti a spintonarci per guadagnare una briciola di pane e subito veniamo spediti a lavorare: il nostro compito è quello di trasportare pesanti blocchi di granito, estratti dalla cava vicino al campo. Più vado avanti, più il peso diventa insostenibile, sento la schiena spezzarsi e le gambe cedere, ma se provassi a fermarmi, rischierei di essere ucciso.

Tutto ciò mi ricorda quello che ho già vissuto due mesi fa a Mauthausen, il campo dove stavo prima; anche lì eravamo costretti a compiere interminabili viaggi, su e giù per la “scala della morte”. Su quei dannatissimi gradini ho visto precipitare fin troppi dei miei compagni, stremati dalla fatica.

Nei rarissimi momenti di “riposo”, veniamo sottoposti ad altre umiliazioni, il cui l’unico scopo è quello di azzerare le nostre ultime forze, come, per esempio, praticare insulsi esercizi di ginnastica o improvvisare canzoncine e balletti. Per distrarmi da questo orrore, cerco di richiamare alla mente i momenti felici vissuti in Italia con i miei cari. Ritenevo sfortunata la mia famiglia, date le nostre condizioni di povertà: i soldi non ci bastavano mai e svolgevamo lavori piuttosto umili, con cui non riuscivamo a far fronte alla nostra miseria. Eppure, se adesso potessi tornare indietro, non me ne lamenterei più. Chissà come sta la mamma, con la sua malattia, le mie dolci sorelle. Mi chiedo anche se mio fratello sia tornato sano e salvo dalla guerra in Spagna; mi auguro che almeno lui non abbia fatto la mia stessa fine e che sia riuscito a ricongiungersi alla nostra famiglia. Darei di tutto, ora, per poterli riabbracciare e uscire da questo inferno. Non riesco a smettere di pensare neanche ai miei compagni, membri del partito socialista italiano; sembra ieri che sfidavamo insieme il governo fascista, sostenendoci ogni giorno in una lotta che sembrava non finire mai. Invece sono già passati vent’anni.

A volte mi domando se la scelta di combattere sia stata quella giusta: avrei certamente evitato di mettere in pericolo la mia famiglia, far soffrire i miei cari e anche io avrei potuto condurre una vita normale, risparmiandomi tutto questo dolore. Nonostante ciò che sono costretto a subire ora, vedendo ogni giorno la crudeltà e la spietatezza di questi uomini, che descriverei come delle bestie, non posso far altro che essere orgoglioso di essermi opposto a tali mostri.

In ogni caso, non so per quanto ancora sarò in grado di sostenere questa battaglia. Sento che il mio tempo sta cominciando a scarseggiare e le forze sembrano abbandonarmi ogni giorno di più.

Spero di poter scrivere altre pagine.

Guglielmo

Lettera alla madre Benvenuta Prampolini, frutto della creatività degli studenti basandosi su fonti documentate

Spagna, 4.4.1937

Cara madre,

è da alcune settimane che non ricevo Vostre notizie e devo ammettere che sono un po’ preoccupato per la Vostra salute. Nell’ultima lettera che mi è stata recapitata lamentavate di aver contratto un forte raffreddore, spero vi siate tenuta riguardata e stiate bene. Qualche giorno fa, in mezzo alla confusione, mi è sembrato di vedere Romeo; ho cercato di raggiungerlo, ma l’impeto della folla ci ha spinto in direzioni opposte e l’ho perso di vista. Mi dispiace non avere altre notizie su di lui. Invece Giulia e Francesca? Clementina? Come stanno?

Qui la situazione è molto tesa, gli attacchi a sorpresa sono sempre dietro l’angolo; infatti, qualche giorno fa c’è stato uno scontro particolarmente violento e inaspettato in cui molti compagni della brigata sono stati feriti. Tra questi, con mio profondo rammarico, anche il mio caro amico Piero, quel ragazzo dagli occhi vispi di cui Vi ho già parlato in altre mie lettere e che, come ben sapete, mi è stato particolarmente vicino in questi mesi. Proprio oggi, un soldato spagnolo nostro alleato è stato colpito davanti ai miei occhi e i miei tentativi di soccorrerlo si sono rivelati inutili: non mi era ancora capitato di vedere un uomo esalare l’ultimo respiro tra le mie braccia. Ho realizzato ora più che mai quanto la vita sia precaria e vorrei tanto essere lì con voi per stringervi forte in un abbraccio. Nonostante tema tutti i giorni per la mia vita, sento che il mio posto è qui a combattere per i miei ideali e una vittoria qui ci darà quella forza di cui abbiamo bisogno per sconfiggere il fascismo anche in Italia.

A poco a poco stiamo ottenendo qualche risultato, come nella battaglia di Guadalajara che abbiamo combattuto a marzo. Noi garibaldini siamo riusciti a scacciare i fascisti, di cui oltre 3000 sono morti, nonostante il loro equipaggiamento fosse migliore del nostro. Abbiamo recuperato così tanto materiale da caricare 750 camion e questo ci ha infuso davvero tanta speranza per l’avvenire.

Non state troppo in pensiero per me, me la caverò. Abbiate cura di Voi e fatemi avere presto Vostre notizie.

Il Vostro Guglielmo

Celso Bendandi aveva ospitato Guglielmo Corradini e altri ribelli antifascisti a Bruxelles nel 1935, insieme essi progettavano proteste e sommosse contro il regime. Intervista frutto della creatività degli studenti basata su fonti documentate

INTERVISTATORE: Signor Bendanti, lei ha conosciuto di persona il signor Corradini Guglielmo…che figura era, cosa lo ha spinto a prendere parte alla lotta contro il regime fascista?

CELSO BENDANTI: Ho avuto il piacere di ospitare il signor Corradini nel novembre del 1935 durante il mio soggiorno a Bruxelles.

Con lui e altri ribelli organizzammo movimenti di protesta contro il governo e in quell’occasione ho avuto l’opportunità di confrontarmi con le sue idee rivoluzionarie e di conoscere la sua storia.

Una sera mi parlò di un evento chiave che diede inizio alla sua lotta antifascista: il 19 settembre 1922 una pattuglia di fascisti fece irruzione nella sua abitazione.

Questa spedizione punitiva lo infastidì particolarmente, tanto che il giorno seguente, dopo essersi procurato un passaporto, decise di emigrare in Francia per scappare dalle persecuzioni.

Qui si guadagnò da vivere facendo il cementista e militando tra le file della Commissione Esecutiva della Sezione di Parigi del partito socialista italiano.

INTERVISTATORE: Sembra un uomo molto coraggioso e intraprendente…ci può raccontare un aneddoto dov’è visibile l’impegno nel sostenere i suoi valori? 

CELSO BENDANTI: Mi raccontò di un episodio accadutogli il 4 marzo 1932 in occasione di una conferenza tenuta dall’Unione Giornalistica Italiana Giovanni Amendola, a Parigi.

Prima dell’inizio della riunione, un gruppo di comunisti penetrò nella sala scatenando una rissa con gli avversari socialisti; Guglielmo prese parte a tale scontro e rimase ferito insieme a un suo collega.

Mentre lo stavo ad ascoltare, sono rimasto colpito dalla passionalità con cui richiamava alla memoria quei fatti, manifestando la convinzione negli ideali per i quali stava combattendo.

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INTERVISTATORE: In tutto questo tempo, al suo posto, io avrei sicuramente sentito nostalgia di casa…che contatti ha mantenuto il signor Corradini con la famiglia di Scandiano? Lo ha mai visto scrivere lettere indirizzate ai familiari?

CELSO BENDANTI: Guglielmo mi parlò del rapporto speciale che aveva con Romeo: essi erano inseparabili e condividevano gli stessi ideali.

Proprio per questo motivo si trasferirono entrambi in Francia, e divennero elementi di idee sovversive contro il regime.

Per quanto riguarda la madre Benvenuta Prampolini, Guglielmo mi esprimeva il suo dispiacere nell’averla lasciata sola in uno stato di miseria e desolazione, essa infatti rimase profondamente shoccata dall’irruzione dei fascisti del ’22 nella loro abitazione.

Aggiunse inoltre di non averle inviato notizie sue e del fratello per parecchio tempo: se infatti le avessero comunicato le loro posizioni e le loro intenzioni, essa sarebbe potuta diventare un bersaglio delle persecuzioni fasciste.

INTERVISTATORE: Un’ultima domanda, ho modo di capire che avete avuto a cuore la vostra condizione e che non avete accettato passivamente ciò che vi veniva imposto dalle autorità…quando vi siete lasciati, il signor Corradini le ha fatto intendere di voler proseguire questa opposizione?

CELSO BENDANTI: Nell’ultima lettera che ho ricevuto, Guglielmo mi ha parlato della sua intenzione di raggiungere la Spagna per arruolarsi a fianco dei garibaldini, ovvero una formazione antifascista di rinforzo all’esercito repubblicano spagnolo contro la dittatura di Francisco Franco.

Qui il suo desiderio era quello di proseguire la lotta contro l’oppressione dispotica.

INTERVISTATORE: Insomma, un uomo pieno di risorse che grazie alla sua testimonianza sarà conosciuto e preso come modello per la lotta contro l’ingiustizia.

Guglielmo Corradini

Piazza Spallanzani 9
42019 Scandiano