Affrontando questo infinito viaggio sono cresciuti in noi diversi quesiti, forse più di quanti ne avevamo al momento della partenza. Perché è proprio vero che la maggior parte delle cose vanno viste per poter essere capite meglio, per quanto ciò sia possibile.
Ma una cosa del genere nemmeno vista di persona può essere capita fino in fondo.
Un fatto così grave per poter essere davvero “compreso” dovrebbe addirittura essere vissuto in prima persona.
Siamo entrati all’interno del campo di sterminio di Auschwitz con propositi e intenzioni, le quali erano principalmente di comprendere come un uomo sia riuscito a commettere un fatto così forte e privo di senso.
Ciò ci ha portato a riflettere sulla cattiveria dell’uomo e sull’odio che può provare nei confronti di un altro essere umano; le domande sorte sono molte e non crediamo sia possibile riuscire a trovare risposte anche solo abbastanza ragionevoli ad un estremo sterminio come questo.
La cosa che più ci ha lasciato segnati da queste giornate è stato sicuramente il silenzio che in questo caso faceva più rumore di migliaia di voci. Il silenzio di tante persone che purtroppo non sono riuscite a dire la loro, e che sono volate via nel vento sotto forma di cenere… come se non contassero nulla per la società di quel tempo.
“Io chiedo come può l’uomo uccidere un suo fratello, eppure siamo milioni in polvere qui nel vento”.
Marco Gambarelli, Phoebe Gianferrari, Domenico Bianco – classe 5F, Istituto Professionale Motti