L’erba cresce. Ritorna la primavera. Gli uccelli cantano, ma sono avvolto dal silenzio della cenere muta. Eppure è un silenzio assordante. Ancora si odono le grida di dolore di tante vite spente troppo presto, di progetti e sogni interrotti brutalmente, di speranze soffocate nelle camere a gas.

Non riesco a comprendere come sia possibile che le stesse mani di padre che addormentano il proprio bambino possano torturare e uccidere il bambino di un altro padre. Non riesco a comprendere come si possa sperare di desiderare una esistenza indesiderabile: pulire le latrine e dare il proprio corpo per avere un giorno in più di vita.

Mi sento in colpa: di non piangere, di non sentire niente, di piangere troppo e profanare un dolore così grande, del fatto che io esco dalle camere a gas da cui nessuno di loro è uscito vivo, pareti che non oso neanche toccare, di lamentarni di andare a scuola, quando ho la libertà di andarci, di non pensare che lo stesso mare in cui nuoto mentre sono in vacanza, sia un cimitero.

Ma la memoria si fa, onorando questi morti ed il loro dolore e custodendo le vite dei vivi.


Classe 4A, Liceo Classico Corso Correggio