I capelli.
Quella montagna impressionante di capelli.
Da ragazza, da futura parrucchiera, mi hanno fatto venire la pelle d’oca.
I capelli parlano di una donna, la raccontano, le danno un’identità precisa. Rasarli a zero significa privarla della dignità, della sua femminilità, della sua essenza.
Un passo concreto verso il suo annullamento.
E poi l’installazione israeliana. E quei video spensierati di quando la vita prima della guerra era “normale”. E la gente si divertiva, ballava, trascorreva il tempo insieme.
Poi la distruzione e il mondo sottosopra.
Con tanti giovani e adulti che oggi non si rendono conto della fortuna che hanno e di come, in un niente, potrebbero perdere ogni cosa.
Il valore prezioso di ciò che diamo per scontato.
Sabrina
Vuoi sapere cos’è l’odio? Cosa significa avere paura e perdere ogni speranza?
Vuoi rabbrividire per la crudeltà sconfinata di cui è capace la mente umana?
Ad Auschwitz troverai tutto questo. L’inferno sulla Terra.
Isacco
Auschwitz è l’impero nazista che ancora continua a versare dolore nel cuore di tutti noi.
Non puoi affermare di conoscere la vera sofferenza e il dolore autentico se non hai mai camminato in mezzo alle sue baracche.
Marcel
Dove sono tutta la potenza, la sicurezza, il coraggio nazista? Sepolti sotto i crematori di Auschwitz, fatti esplodere dalle SS prima di scappare dal campo. Codardi che rifiutarono di terminare la guerra da prigionieri, fuggendo di fronte alla loro responsabilità di soldati. Vigliacchi che cercarono di cancellare le prove della loro miseria umana agli occhi della Storia.
Gabriele
Mi chiedevo se sarei riuscito a provare qualcosa ad Auschwitz, a entrare in empatia con le vittime dello sterminio. Davvero, senza finzioni o retorica.
Ebbene, ci sono riuscito. Percorrendo ad Auschwitz I quel corridoio popolato di foto di prigionieri. La data di nascita, quella d’internamento, quella di morte. Tanti della mia età. Ma anche più giovani.
Come si fa a non provare qualcosa? Loro potevo essere io.
Leandro
Birkenau, una macchina di morte collaudata, perfetta. Spaventosa nei suoi meccanismi di precisione. E piena di luoghi familiari, visti e rivisti nelle foto e nei filmati d’epoca, metabolizzati, rielaborati: la Judenrampe, la “Porta della morte”, il binario e la piattaforma, il sentiero verso i crematori. E infatti, a sorpresa, io che provavo angoscia all’idea di entrare nel Luogo, come lo definisce Piotr Ciwinski, Direttore del Museo di Auschwitz, rimango lucido, quasi distaccato. E cammino tra baracche e camere a gas con naturalezza, disinvolto.
Finché non entriamo nell’ultimo edificio, quello che chiude la visita al campo: il settore docce e immatricolazioni. È lì che irrompono le persone, a sorpresa, quasi a “tradimento”, a punteggiare enormi pannelli in una grande stanza altrimenti vuota. Lì che i numeri assumono un volto, anzi centinaia di volti: quelli ritratti in migliaia di fotografie di uomini, donne, bambini, famiglie in posa, sorridenti, disinvolte, seriose, misteriose, con lampi di speranza nello sguardo, di saggezza, di curiosità, di inconsapevolezza. È lì che lo stermino si materializza, anima i ruderi e le architetture asettiche, si personifica, sottrae per l’ennesima volta il futuro a quelle aspettative di vita.
Così l’astrazione lascia spazio all’identificazione, e le storie “vaghe” prendono vita.
Mentre i sogni interrotti di tutti quegli sguardi diventano i propri. E l’angoscia arriva.
Cristiano
Il gruppo della Fondazione Enaip “Don G. Magnani”: Cristiano, Gabriele, Isacco, Leandro, Maickol, Marcel, Sabrina