Riguardando le foto che abbiamo scattato durante la visita al campo di Terezín, abbiamo ragionato su uno dei temi che sono alla basa della Shoah: l’indifferenza. Partendo da una delle ultime cose che abbiamo osservato, il cimitero, abbiamo cercato di capire quale fosse la vera causa della situazione che un numero inimmaginabile di persone ha vissuto e che le ha condotte alla morte. Tramite una visita al museo del ghetto di Terezín, abbiamo osservato i nomi di alcuni di coloro che sono deceduti nel periodo delle deportazioni e abbiamo pensato al fatto che un intervento di coloro che non erano toccati in prima persona dalla situazione avrebbe potuto evitare che noi oggi vedessimo quei nomi scritti su un muro per ricordare quegli uomini o quelle donne in quanto vittime e non in quanto persone che hanno vissuto degnamente. Spesso accade, ancora oggi, che se non siamo coinvolti in prima persona in quanto sta accadendo attorno a noi, restiamo indifferenti. L’importante sarebbe agire per migliorare le condizioni di tutti e non solo per scopi personali. Anche nel periodo delle deportazioni, l’azione consapevole di molti uomini avrebbe potuto evitare che accadesse quanto realmente è accaduto. Anche Martin Niemoeller, un pastore evangelico deportato a Dachau, ha composto una poesia che riporto di seguito, che ci ha fatto riflettere sul tema dell’indifferenza Perchè evidenzia come si è sentito quando ha capito che nessuno era lì per aiutarlo nel momento in cui doveva essere deportato così come lui stesso non ha aiutato gli altri quando gli altri venivano deportati.
“Prima vennero per gli ebrei
e io non dissi nulla perché non ero ebreo.
Poi vennero per i comunisti
e io non dissi nulla perché
non ero comunista.
Poi vennero per i sindacalisti
e io non dissi nulla perché
non ero sindacalista.
Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa”.
Analizzando un altro aspetto dell’indifferenza, ci ha colpito profondamente l’insensibilità di chi scattava queste foto. Davanti a persone in grande difficoltà, ridotte in condizioni disperate, a un passo dalla morte, sembra scandaloso e quasi incredibile che le persone siano state capaci di osservare senza fare assolutamente nulla, come se fosse tutto normale. Dalle foto sotto allegate, vediamo che i prigionieri ebrei della Piccola Fortezza era ridotti a pelle e ossa, privati di qualsiasi loro proprietà, privati della loro identità e considerati semplici oggetti da poter distruggere senza alcun rimpianto. E allora viene spontaneo chiederci, come è possibile che le persone che hanno scattato queste foto siano rimaste totalmente impassibili? Perché non denunciare queste malvagità? Solamente la visione di queste foto mette i brividi, da un senso di vuoto non comparabile a nient’altro, come hanno fatto le persone a scattare queste foto senza provare un minimo senso di desolazione e di compassione? Queste foto sono la prova che l’uomo è in grado di superare qualsiasi limite, di assumere un comportamento di egoismo tale da non provare nulla davanti a persone che stanno morendo. L’indifferenza, tanto caratteristica dell’epoca nazista, è testimoniata proprio da queste prove visive, ma è importante ricordare che anche oggi molte persone sono impassibili davanti a ciò che non le tocca personalmente.

Tito Fabiana e Chiara D’Intino – 5E Gobetti Scandiano

Le foto della visita orchestrata della Croce rossa e quelle delle uccisioni, negli stessi luoghi.