3E Liceo Scientifico P. Gobetti, Scandiano (RE) – 2020
Lodovico Tonelli
Lodovico Tonelli nasce il 19 marzo 1896 a Biaso: il 15 luglio 1923 si sposa con Faustina Dallari, da cui avrà cinque figli: Maria, Mario, Valeria, Francesco e Guido. Residente nel borgo di San Cassiano, in via Gavia 11, viene arrestato il 30 luglio del ‘44, mentre lavorava nei pressi di Cerredolo (presso Ponte Dolo) durante i rastrellamenti dell’operazione Wallenstein III. Deportato a Kahla, in Germania, tramite alcuni conoscenti rientrati dopo la guerra, i familiari sono venuti a conoscenza della sua morte, avvenuta il 15 febbraio 1945.

BIOGRAFIA
Lodovico Tonelli è nato il 19 marzo 1896 a Biaso, da Eugenio Tonelli e Clotilde Lumetti. È stato battezzato da Don Giuseppe Bellegati con il nome di Lodovico Giuseppe, il giorno seguente alla nascita, nella parrocchia di Baiso. Il 15 luglio 1923 si è sposato con Faustina Dallari, da cui avrà cinque figli: Maria, Mario, Valeria, Francesco e Guido. Residente nel borgo di San Cassiano, in via Gavia 11, ha lavorato come bracciante e cantoniere per la provincia. Viene arrestato il 30 luglio del ‘44, mentre lavorava nei pressi di Cerredolo (presso Ponte Dolo) durante i rastrellamenti dell’operazione Wallenstein III. È stato deportato a Kahla, in Germania, come lavoratore forzato. La sua deportazione è stata conseguenza degli accordi tra Hitler e Mussolini del 1944 per procurare manodopera al Reich tedesco. L’arresto avviene come atto di forza dei nazisti dopo le diverse ribellioni all’interno della Repubblica di Montefiorino, nonostante Lodovico non avesse avuto contatti con partigiani, né avesse partecipato ad azioni di sabotaggio ai danni dei nazisti. A Kahla ha lavorato come operaio nella fabbrica Reimahg, assemblando aerei tedeschi all’interno di cunicoli sotterranei situati in una miniera di sabbia dismessa. Mentre lavorava alla fabbrica, risiedeva nel lager VII, situato a Lindig, un comune limitrofo a Kahla. Durante tutto il periodo di detenzione la famiglia non ha mai avuto notizie di Lodovico. Tramite alcuni conoscenti rientrati dopo la guerra, i familiari sono venuti a conoscenza della sua morte, avvenuta il 15 febbraio 1945 per un problema cardiaco, probabilmente aritmia (“Herzschlag” o “Arrhythmie” nei documenti).
08/02/1945
Caro Amore,
mi sembra così strano scriverti, sembra passata un’eternità da quando sono partito, da tempo non ho più tue notizie, an so mia capas in queste cose, ma vorrei farti solo sapere che sto bene, dopo quell’addio non ho fatto altro che pensare di scriverti. Sono i giorni più freddi da quando sono qua, e non capisco come ogni giorno possa essere peggiore ed cl’eter. Ti ricordi quando ci lamentavamo del gelo mentre sgiavrava sui calanchi? Magari potessi ancora riprovare quella sensazione, che mi sembrava brutta, perché almeno sarei insieme a te. Ora sono in pausa, ed è sera, quindi non arrabbiarti se scrivo male; la mia vista non è migliorata dall’ultima volta che siamo stati insieme. Credo che ti sia chiesta dove io sia, ma manco io lo so, ti so solo dire che mi trovo in una baracca in mezzo al nulla, senza bagno, piena di pidocchi e di certo neanche lontanamente pulita come ca’ nostra. Dovrei trovarmi in Germania o lì vicino. Non mi ricordo un giorno dove quei stras che porto addosso fossero giusti per questo freddo, che peggiora di giorno in giorno, come se già la situazione non fosse già difficile. Mentre scrivo c’è una guardia che mi fissa, ma fra poco passerà da qualcun’altro, spero si concentri su di lui e mi lasci un minuto di libertà. Immagino tu abbia capito che qui, per quelli con la divisa, non siamo uomini. Dalla baracca alla fabbrica qualche angelo ci offre però del cibo, come sicuramente avremmo fatto noi baisan, anche se di Bais questo posto an gà propria gninto. Oltre al pane, da quando sono qui, ho visto poco altro, tra cui tre o quattro fette del salame peggiore della mia vita. Dal quel pasto lì ho capito ogni giorno di più quanto ero fortunato, mi mancano i to caplat! Oggi sto bene e credo che questa notte riuscirò a lavorare come sempre, anche se mi hanno rubato metà del pane che mi spettava, ma non gliene faccio una colpa, forse serve più a loro che a me.
A gh’è un ragosol, che dorme areint a me. Sai, quando si è in queste situazioni si creano dei legami forti, come di sangue; è molto più giovane di noi, ma è qui da più tempo di me. Doveva essere un putein forte, un ragasol ch’ an gh’à mia i bras curt, ma questo posto stanca un po’ tutti. Guardandolo ogni tanto rivedo i nostri figli, me lo tengo stretto proprio come se fosse uno di loro, spero con tutto me stesso e la forza che mi rimane che possano un giorno diventare coraggiosi e buoni come lui. Mi ha raccontato che è promesso sposo ad una giovincella del so paeis, ti ricordi al prem dè del nostro matrimonio? Che bella coppia che eravamo. Mi manchi. Ma an’voi mia feret ‘nir la nostalgia, quindi cambio argomento.
Per fortuna, o meglio dire sfortuna, in mes ai miei compagni di lavoro ci sono anche eter italiani, e proprio qualchidun di loro, che al sa la lengua che vien parlata chè, è riuscito a trovare un contatto nel paese attraverso cui passiamo di solito e la lettera dovrebbe arrivarti da lì, ma mè a me fid poc. l’unica cosa certa adesso è che la mia speranza di vederti di nuovo, non morirà mai.
Anche uno dei miei compagni parla il tedesco, mi ha detto che i croch dicono che gli aeroplani sconvolgeranno la guerra e li faranno vincere. Io ho paura, se questo succede, io non tornerò a ‘ca per molto tempo e non riuscirei a sopportarlo. Solo iddio sa come sarà la nostra vita dopo, puvrein i nostri ragasol, che padre sarei se rovinassi il loro futuro acsè? Non posso ribellarmi, sarebbe troppo rischioso e non ne ho le forze. Se non tornassi a casa e questi vincessero, mi dispiacerebbe di averli aiutati. Non voglio essere ai tedeschi d’aiuto, ma ho troppa paura di non vederti più per non obbedire.
Nonostante tutto e nonostante la fatica e la stufaia, cara Faustina stai tranquilla e non agitarti come al solito, a son sicur che tutto questo presto finirà e si risolverà per il meglio e potrò così tornare finalmente da voi altri, da te, la Meri, Franci, Marietto, Gui, e la Vale. Non vedo l’ora di poter essere accolto da un vostro caloroso abbras e tornare a vivere con la gioia de ster con vó. Ora però ho raccontato abbastanza di me; vorrei tanto sapere come state voi e com lè la situazione lì a ca’. Ma sono sicuro che ve la stiate cavando tutti bene anche se io non sono con voi, spero che quei 5 delinqueint ti stiano aiutando!
Degh a tot quant ch’ a ’gh voia bein, Dio te stradora,
Il tuo sempre caro,
Lodovico.