Molto lontani da casa.

Molto lontani da quegli anni.

Molto lontani dai rumori, dallo stridore dei vagoni sul ferro delle rotaie, dalla quieta disperazione di quelle facce, di quei corpi inconsapevoli.

Eppure ci muoviamo, attraversiamo l’aria solida che occupa ogni lato del visibile, oltre il cancello ossidato.

Ed anche noi, probabilmente non del tutto consapevoli di ciò che è stato, di ciò che è passato, di ciò che, in realtà, siamo, avanziamo, faticosamente, lottando contro una invisibile e potentissima corrente, che pare inchiodarci, a terra.

Chi siamo? Qual è il nostro ruolo, ora, qui?

Noi, osservatori inermi di fotografie, lasciamo solo la striscia biancastra dei nostri fiati, alle spalle. Ecco ciò che resta, di noi: vapore, schiacciato da un cielo denso, lattiginoso, gravido di luce fredda, privo di sole.

Scricchiolano le suole sulla ghiaia gelata.

Siamo molto lontani da casa.

E siamo anche molto lontani dai nuovi punti di accumulazione del dolore, là dove si sfasciano le barche della disperazione, sugli scogli siciliani.

Siamo lontani da casa.

Ma, da quegli anni, no, non ci siamo così tanto allontanati.


Alessandro Casappa, ITI D’Arzo Montecchio