Il viaggio della memoria è stata un’esperienza forte e d’impatto per tutti noi. Sicuramente ci ha formati e, soprattutto, ci ha aiutato a renderci conto ancora di più degli orrori della Shoah e del nazismo in generale, dandoci una visione cruda e concreta di quello che solitamente abbiamo sempre ascoltato dietro un banco di scuola.
Durante la visita al campo di concentramento di Terezin, infatti, la storia era davanti ai nostri occhi e ci siamo interfacciati con una delle più tristi e brutali pagine della storia umana. Una cosa che ci ha colpito è la frase posta davanti all’ingresso del cancello: “Il lavoro rende liberi”. Una frase toccante, sotto un certo aspetto, ma soprattutto ingannevole, in quanto i prigionieri, leggendola, credevano, appunto, di poter raggiungere, un giorno, la libertà, quando, in realtà, l’unica cosa che poteva renderli liberi era la morte. Un’altra cosa veramente toccante è stata la visione dei forni crematori. Vedere con i propri occhi ciò che per anni è stato utilizzato per bruciare degli esseri umani è stato veramente di forte impatto emotivo, in quanto ci ha fatto comprendere che, anche una volta uccisi, la crudeltà verso i prigionieri non cessava e venivano ancora trattati come se non fossero umani ma oggetti.
Fra tutte le cose, però, quella che più ci ha colpito e fatto riflettere è stata l’atmosfera angosciante che ancora oggi si riesce a percepire, nonostante siano passati, ormai, più di 80 anni.
Vedere tutto ciò dal vivo ci ha dato la possibilità di comprendere le condizioni delle persone all’interno dei campi di concentramento e troviamo inconcepibile come un essere umano possa arrivare a trasformare dei suoi simili in “non umani”, privandoli di ogni diritto, dignità ed emozione. Grazie a questa esperienza abbiamo compreso, quindi, come l’uomo possa essere capace di una tale atrocità e insensibilità nei confronti di individui uguali a lui, e che quindi sia importantissimo e doveroso ricordarlo, per impedire che ciò possa mai ripetersi. Un’altra riflessione importante che emerge è anche che, nonostante l’indottrinamento delle masse e la feroce repressione degli oppositori che ha attuato il nazismo, vi siano state persone che non hanno accettato tutto ciò e che si sono battute, in certi casi, anche fino alla morte, come i paracadutisti attentatori di Reinhard Heydrich, che hanno continuato a perseguire i valori di libertà e uguaglianza, arrivando, appunto, a sacrificare la propria vita.
La parola chiave, quindi, che questa esperienza ci ha lasciato e che dovremo per sempre conservare all’interno di noi è semplice ma di enorme importanza: ricordare.

Classe 5N, Liceo Matilde di Canossa

La scritta “Il lavoro rende liberi” all’ingresso del campo di Terezin