GIORGIA G.
Tante domande. Attraversando il Lager – l’animo assalito da emozioni, ricordi, urla che filtrano dai muri delle baracche – non ho infine capito come possa esistere in una persona tanta cattiveria verso un uomo che ha le stesse tue mani, gli stessi occhi, lo stesso cuore.
Dimenticare ciò che è stato è un abominio, l’assoluzione di un crimine atrocemente commesso.
Abbiamo il diritto e il dovere di capire cosa ha permesso a un odio così intenso di infettare la mente umana, per evitare che il mondo possa di nuovo ammalarsi.

GIORGIA D.
Immaginare quello che è successo in questi luoghi non è semplice. Senti parlare dello sterminio degli ebrei e tutto colpisce, ma tende a sembrare sempre qualcosa di indefinito e lontano. Poi arrivi qui, ad Auschwitz, e vedi il dolore. Un dolore così intenso e profondo che è entrato nella terra che calpesti, nell’aria che respiri, nei mattoni delle case, nel legno delle baracche, nel cielo. Un dolore affilato e intrinseco a questo posto. Così cammini tra quelle case, di fianco a quella ferrovia, e ti sembra di vederli, trascinati e uccisi, vedi gli sguardi dalle fotografie e ti senti guardato. E avverti che sarà tutto diverso, che hai dentro qualcosa di prezioso e immenso, di cui non sarai più inconsapevole: sei uomo. Sei uomo e senti; sei uomo, e non fa per te l’indifferenza.
Resta la certezza di un dovere:per fare in modo che tutto questo non venga perso, calpestato; perché non esisterà mai scusa valida per giustificare quello che è stato e non potremmo mai perdonarci, se lasciamo che cose tanto crudeli, ingiustificate e spietate possano accadere ancora.

RICCARDO
Auschwitz è stata un’emozione forte; entrare nei campi di concentramento e sterminio un’esperienza straziante e allo stesso tempo alienante; immedesimarci nei deportati indescrivibile. Abbiamo camminato sui passi di innumerevoli donne, uomini, bambini, che sono stati costretti a vivere come animali e ad essere morti pur essendo ancora in vita.
Già sui libri avevamo approfondito il tema dello sterminio nazista, ma in questi giorni, vedendo tutto ciò da una prospettiva ravvicinata, siamo andati oltre alle parole e abbiamo lasciato ampio spazio all’emotività, spesso travolgente.
I deportati alloggiavano in blocchi che a stalle o poco più: il freddo invernale era contrastato con inutili pagliericci e leggeri abiti, la stufa era in disuso perché troppo costosa; il caldo in estate non lasciava tregua, il cibo era acqua sporca, la pessima igiene diffondeva malattie spesso mortali. Tuttavia gli ebrei che vivevano nelle baracche in tali condizioni erano i meno sfortunati: non erano stati condannati a una morte immediata.
Follia del progetto nazista, disumano e malefico. Ne sono un emblema camere a gas e crematori: apparentemente normali edifici, trasformati però in macelli di corpi umani. Nell’avvicinarci alle loro macerie, l’emozione è cresciuta e ogni nostro pensiero recava angoscia. Solo il fatto di sapere che sotto i nostri piedi fossero situate ceneri umane ha reso i nostri movimenti più insicuri, impacciati fino alla paralisi.

Ragazzi della classe 5I, Istituto Cattaneo-Dall’Aglio di Castelnovo Monti