Istituto Lelio Orsi, Novellara (RE) – 2020

Carlo
Segrè

Era il 6 giugno del 1939 quando, dopo le Leggi razziali, le mortificazioni e le violenze soprattutto psicologiche subite per il suo essere di origine ebraica, Carlo Segrè si tolse la vita.
Aveva 73 anni.

Intervista impossibile a Carlo Segre

Come si chiama?
Buongiorno, mi chiamo Carlo Segrè.
Come era strutturata la sua famiglia?
La mia famiglia era composta dai miei sette figli Carlo, Ermes, Laura, Enrico, Guglielmo, Renato, Atos e mia suocera Ascari Teodori Laura che vive con noi perché anziana; sono vedovo di due mogli: Ascari Amina e Namias Ersilia.
Qual era la vostra situazione economica?
Eravamo benestanti e possidenti agricoli.
Quale era il tuo desiderio da piccolo?
Ho sempre amato i mezzi di trasporto e l’autonomia. Sono stato, infatti, il primo a Novellara a comprare una bella automobile: il massimo del progresso a quell’epoca!
La vita era difficile in quei tempi?
Inizialmente la vita scorreva tranquillamente: avevo una famiglia felice, una situazione economica benestante e un’azienda agricola tutta mia; poi arrivarono le leggi razziali…
Quando presentò l’autodenuncia di appartenenza alla razza ebraica?
Presentai l’autodenucia all’appartenenza alla “razza” ebraica il 31 gennaio del 1939.
Ho deciso di autodenunciarmi perché ero consapevole di appartenere alla “razza” ebraica e ho preferito affermarlo invece che negarlo perché faceva parte di me.
Quando ti sei risposato non c’erano ancora pregiudizi sugli ebrei?
La comunità ebrea era ben integrata a Novellara, anzi esisteva una tranquilla convivenza e quando mi sono risposato le leggi razziali erano abbastanza lontane e io e mia moglie ci amavamo.
Quanti anni aveva quando si è suicidato?
Avevo 73 anni.

C’è stato un particolare gesto che l’ha portato al suicidio?
In realtà ci sono stati molti fatti che mi hanno portato a farlo, ma quello più importante fu il disprezzo per noi ebrei anche dalla cittadinanza. Fino a prima delle leggi razziali eravamo tutti uguali, poi le cose sono cambiate e alcuni compaesani sono stati espliciti nel mostrare il loro disprezzo, forse perché volevano evitare di essere messi in mezzo anche loro.
Sappiamo che ha lasciato una lettera di addio per i suoi cari. Cosa ha scritto nella lettera?
Ho espresso il mio profondo dispiacere nel lasciarli da soli nella vita, ma mi assicuravo di affidarli alla cura di uomo fidato. Ai tempi scrissi il mio addio ai miei figli perché la vita mi era diventata insopportabile e non riuscivo più a resistere nonostante tutti miei sforzi. Nonostante li amassi profondamente, o forse proprio per il mio grande amore per loro, ho preso la decisione di togliermi la vita.
Come si è sentito mentre scriveva la lettera di addio ai tuoi figli?
Mi sentivo molto triste, avrei voluto vederli crescere stando loro vicino, però sentivo di doverlo fare. A pranzo, prima di distribuire i piatti, misi nel mio un po’ di veleno, mangiammo tutti insieme e, come al solito, andai a letto per riposarmi un po’. Nel frattempo avevo lasciato la lettera di addio sul comodino e il veleno fece effetto mentre riposavo.
Ti sei pentito di esserti suicidato?
In realtà sì, ma non avrei mai potuto sapere che un anno dopo sarebbe arrivato il documento con la dichiarazione di non applicabilità di alcuni articoli delle leggi razziali e che quindi sia io che la mia famiglia saremmo stati meglio nonostante il fascismo.
In quei tempi avrebbe mai pensato a ciò che sarebbe successo 81 anni dopo?
Al giorno d’oggi il razzismo in Europa è diminuito perché è stato vietato per legge, ma nonostante ciò è ancora presente in tutto il mondo sia nella vita quotidiana sia nella vita politica. Nel corso del tempo il razzismo ha cambiato oggetto, però comunque rimane nella vita del mondo intero.

Agostino Ibatici

Cerredolo località La Valle
Toano, RE 42010