4G Liceo Matilde di Canossa, Reggio Emilia – 2020

Renzo
Bertani

Bertani Renzo nacque a Reggio Emilia il 3 dicembre 1910 da Luigi, proprietario di un negozio rinomato di tessuti, e Ceresoli Margherita, casalinga; aveva 3 fratelli e 3 sorelle.
Tra il 1928-1929 fece parte della Reggiana Calcio con il ruolo di difensore.
Il nostro progetto era diviso in alcune tappe: all’inizio, per avvicinarci alla storia degli IMI in generale, ci siamo recati nel centro della città di Reggio Emilia e abbiamo visitato alcuni luoghi, come la caserma Zucchi e la Prefettura, dove, nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943, si verificarono i primi scontri e i primi atti di resistenza dei militari italiani contro l’occupante tedesco. Abbiamo inoltre visitato alcune Pietre d’inciampo, un’iniziativa promossa dall’artista Tedesco Gunter Demnig che ha lo scopo di collocare nelle città d’Europa monumenti che rendano indelebili le memorie dei deportati.

Per quanto riguarda Renzo Bertani la sua ultima dimora era situata in via Bianchi 2 a Reggio Emilia e, perciò, siamo qui a onorare questo luogo con una nuova Pietra d’Inciampo.
In preparazione a questo momento, oltre a visitare il centro della città, ci siamo recati presso la sede di Istoreco dove, inizialmente, abbiamo visitato l’archivio. In seguito ci siamo divisi in quattro gruppi, ognuno dei quali aveva compiti e materiali da analizzare differenti, al fine di ricostruire la vita di Renzo Bertani.
Prima di affrontare questo progetto molti di noi non erano a conoscenza di cosa fossero le Pietre d’Inciampo, tantomeno dell’importanza a loro attribuita.
Forse non capita spesso di riflettere sul significato che ha il ricordo di eventi (come quelli delle guerre mondiali) che, nonostante non abbiamo vissuto in prima persona, sono parte della nostra storia e cultura, influenzando anche il nostro presente e il nostro modo di pensare.
In conclusione abbiamo potuto capire che è importante ricordare tutte le persone che – come Renzo Bertani- si sono battute per la libertà, perché rappresentano un esempio per mantenere viva la speranza che avvenimenti disastrosi, come la guerra e la deportazione, non capitino più in futuro.
Il passato non si cambia e il futuro non si cancella.

Bertani Renzo nacque a Reggio Emilia il 3 dicembre 1910 da Luigi, proprietario di un negozio rinomato di tessuti, e Ceresoli Margherita, casalinga; aveva 3 fratelli e 3 sorelle.
Frequentò il Liceo Classico “A. Muratori” a Modena e si diplomò il 26 ottobre 1931; in seguito fece l’Università a Parma e si laureò in medicina nel 1937 con voto 103/110.
Inoltre tra il 1928-1929 fece parte della Reggiana Calcio con il ruolo di difensore.
Nel 1942 Renzo sposò Bertolani Clementina, una ragazza di 20 anni di Scandiano. I due non ebbero figli.
Fu reclutato come tenente medico nella Divisione Siena e nel settembre 1943 si trovava sull’isola di Creta.
In quell’anno fu firmato l’Armistizio e i tedeschi catturarono i soldati italiani, i quali vennero classificati come IMI., cioè internati militari italiani.
Nel febbraio del ’44 fu imbarcato dalla Baia di Suda sul piroscafo “Petrella” diretto verso il continente con lo scopo di trasportare gli IMI nei campi di lavoro in Germania; il “Petrella” portava un ingente carico umano, per cui le condizioni dei soldati erano precarie a meno che non si decidesse di collaborare con i tedeschi.

Durante il viaggio la nave venne silurata dai britannici e affondò causando la morte di Renzo l’8 febbraio 1944 all’età di 33 anni.
Il suo corpo fu ritrovato su una spiaggia a Creta, dove venne seppellito. Successivamente la salma fu spostata a Bari e, infine, nel 1954 a Reggio Emilia nel Cimitero Monumentale dove ora si trova.

Mi trovavo sulla nave Petrella nelle acque del Mediterraneo, in seguito all’armistizio dell’8 settembre del ’43, insieme a tremila prigionieri italiani. Classificati come internati militari, ci trovammo nelle mani dei tedeschi. Ancora oggi ho ricordi vaghi di quell’8 febbraio 1944 quando conobbi Renzo Bertani, tenente medico-chirurgo di Reggio Emilia.
Ciò che mi colpì di più fu la sua spensieratezza, che riuscì a trasmettermi durante la situazione critica in cui mi trovavo. Avevo alcune ferite di guerra, ma ciò che aggravava questo mio malessere erano le condizioni in cui i tedeschi ci tenevano; non vedevo la luce probabilmente da più di due giorni, se non quando i militari ci portavano il cibo due volte al giorno; grazie a questi miseri viveri riuscivamo a scandire l’inesorabile scorrere del tempo.
Per distrarmi dal dolore che stavo provando, Renzo mi raccontò un po’ della sua vita; posso dire con certezza che aveva un forte legame con la sua famiglia, in particolar modo con i suoi sei fratelli da cui riceveva diverse lettere. Mi confidò di essere diventato da poco zio e della sua paura di non poter conoscere il nipote e di non poter rivedere la sua famiglia; mi parlò anche di sua moglie Clementina e di come si sposarono in fretta e furia a causa della guerra. Il suo matrimonio fu solo tra pochi intimi. Mi disse che avrebbe tanto voluto avere un figlio, ma il tempo non glielo concesse.
In quel breve periodo mi rividi molto in lui e ci saremmo potuti conoscere meglio, se non fosse che il destino decise per noi. Io ebbi la fortuna di sopravvivere, scampando così ad una morte tragica, cosa che non fu possibile per Renzo. Egli morì annegato, a causa del siluramento britannico che colpì la Petrella l’8 febbraio 1944.
(Testimonianza)

Renzo Bertani

Via Nicomede Bianchi, 2
42123 Reggio Emilia