Questo viaggio ci ha permesso di confrontarci in prima persona con quanto in precedenza leggevamo solamente sui libri di storia.
L’impatto iniziale è l’assenza di parole. È con questo silenzio che i luoghi ci comunicano quanto in essi è accaduto, i dolori e l’angoscia.
Questo silenzio in noi si è rivelato essere in realtà molto rumososo, ci ha fatto provare l’indifferenza dei cittadini, a partire da tutte le persone che hanno contruibuito allo sterminio, direttamente o indirettamente, fino ad arrivare a chi viveva e vive nelle zone limitrofe al campo. Il silenzio più sconvolgente si è rilevato essere quello dei cittadini di Oranienburg che nonostante la consapevolezza e la vicinanza a quell’orrore, hanno taciuto.

TACE

Tace
inginocchiato
il mondo,
tra i lievi sussurri,
l’eco di parole
sottili,
labili.

Troppa la fatica,
il coraggio,
del ricordo.

Tace
nel vento
il sospiro
soffocato,
oppresso.

Vorrei
più urla
che mormorii
in questo mondo,
in questo mio
mondo
voglio essere io
a urlare.

Siamo fermi davanti alle camere a gas, quelle stesse camere dove centinaia di vittime sono state gasate. Leggiamo una citazione:

“E so una cosa in più, che l’Europa del futuro non può esistere senza commemorare tutti coloro che, non distinguendo alcuna nazionalità, sono stati uccisi in quel tempo con completo disprezzo ed odio, sono stati torturati fino alla morte, spirati per la fame, gasati, inceneriti, impiccati” Andrzej Szezgyonski

Immediatamente il nostro pensiero ricade sulle fatiche, sul dolore, sulle condizioni che torturavano incessantemente gli internati. Allora la diversità di quelle persone non è un problema, piuttosto una ricchezza, un punto di forza.

Guardiamo dentro noi stessi. Superiamo i pregiudizi. Cerchiamo di rispettare “l’altro”. È importante il volto dell’altro, proiettarcisi dentro, diventarne responsabili.

Classi 5E e 5F, Liceo scientifico Gobetti, Scandiano