Sono un uomo.
Mi sveglio ogni mattina, percorro una strada e mi reco al lavoro.
Sono un uomo.
Torno a casa, stanco ed esausto, ma soddisfatto.
Con la paga di oggi comperò dei fiori a mia moglie, alla madre dei miei figli.
Sono un uomo.
Come ogni mattina andrò a scuola. Non vedo l’ora che finiscano le lezioni, almeno vedrò Annah. Forse sono innamorato.
Sono un uomo.
Sono madre e ho dato alla luce mio figlio, quattro anni fa. Il mio ventre ospita un’altra creatura. Fra pochi mesi respirerà i profumi del mondo.
Sono un uomo.
Ballo fino a tarda notte alle feste in città e aspetto l’alba. E’ così bella.
Sono un uomo.
Adoro guardare anche le stelle. Provo spesso a contarle ma in un attimo mi accorgo di essermi perso. I pensieri vagano e rifletto sulla vita, sul futuro, sull’amore.
Sono un uomo.
Ho una stella gialla sul petto.
Sono un uomo.
Mi sveglio e percorro quella strada, ma al lavoro non sono più accettato.
Sono un uomo.
Oggi non posso nemmeno comprare il pane, le porzioni sono razionate e non so per quanto basteranno.
Sono un uomo.
Non posso studiare e con Annah non posso più parlare. Io ho una stella gialla.
Sono un uomo.
Non ballo più alle feste in città. L’ingresso è a me vietato e il portone del ghetto chiude al tramonto.
Sono un uomo.
Ho venti minuti di tempo per chiudere presente e passato in quella valigia e salire su quel carro.
Sono un uomo.
Non so come consolare il mio bambino. Non so se riuscirà mai a riabbracciare l’orso caduto nel trambusto. Non so se riuscirà a capire.
Sono un uomo.
Il treno è pieno, siamo trattati come animali.
Sono uomo.
Da qua non vedo le stelle e nemmeno l’alba. Ma penso. Penso al futuro, provo a capire il presente. Guardo mia moglie e continuo a sperare nell’amore.
Sono un uomo.
E’ trascorso un tempo interminabile. Sono esausto. Cammino in fila con centinaia di altre persone. Una valigia come me, una stella gialla come me. Anche i loro bambini piangono.
Sono un uomo.
Piango, straziato. Sono una madre e mi hanno strappato un figlio dalle braccia. Lo vedo dall’altra parte della rete. Prego e ringrazio per quella creatura rimasta celata nel ventre. Un giorno ringrazierà anche lei per la vita.
Sono un uomo.
Nascondo le lacrime, anche col capo calvo e il corpo nudo.
Sono uomo.
Con un numero tatuato sul braccio, privato della mia identità. Sussurro il nome di mia moglie, nessuno potrà cancellarlo.
Sono un uomo.
Il lavoro è estenuante, non ho più niente, sono umiliato.
Sono un uomo.
Mia figlia ha visto la luce, ma il respiro le è stato negato. Si sono presi anche lei. L’hanno gettata in quel canale.
Sono un uomo.
All’appello di oggi la strada che devo prendere è diversa. Non reggo. È arrivata anche per me la fine.
Ma sono ancora un uomo.
Piango, mi domando il perché, penso al passato, all’amore e ringrazio.
Sì, sono ancora un uomo.
Nessuno può negare la mia dignità. Respiro per l’ultima volta il profumo del mondo.
Sono un uomo.
Ho sentito i vicini gridare.
Sono un uomo.
Ho raccolto un orsetto per terra e l’ho regalato a mio figlio assieme a quel paio di sandali di cuoio rosso.
Sono un uomo.
Ho portato a casa del grano. L’ho pagato dicendo due nomi.
Sono un uomo.
Oggi ho separato un bambino dalla sua madre.
Sono un uomo.
Ho pensato a tutto questo.
Ho eseguito gli ordini.
Ho lasciato che tutto ciò accadesse.
Ho guardato i fatti accadere e non ho detto parola.
Ricordo piangendo il passato e lascio scorrere il presente.
Come posso essere un uomo?
Elena Sacchini, 5G Liceo Canossa