È stato difficile per tredici menti riunirsi davanti ad un foglio bianco e trovare le parole giuste per descrivere l’esperienza di questi giorni.
Siamo partiti domenica con un’idea predefinite di ciò che avremmo incontrato, con un’immagine che sintetizzava pagine di libri di storia, ore di film ed esperienze vissute, Non possiamo negare che sia stato difficile distaccarsi da questa fotografia impressa da tempo nelle nostre menti. Siamo stati bombardati fin dalle scuole medie da una serie di dati che ci ha permesso di costruire prima ancora della partenza un quadro più o meno preciso di ciò che avremmo visto. Questa “inflazione” di informazioni forse ha rischiato di generare in noi una categorizzazione dell’argomento, portandoci a svalutare il reale valore dell’esperienza.
Eppure lo scontro con la realtà di Auschwitz ha generato in l’esigenza di metabolizzare ciò che abbiamo provato e di riflettere su interrogativi che forse non troveranno risposta. Ci siamo resi conto che Auschwitz non è una realtà così lontana da quella che sta vivendo la società attuale. Ciò che è accaduto più di settanta anni fa potrebbe ripetersi oggi, o forse in qualche parte del mondo già si sta verificando. In virtù di ciò, partendo dalla memoria che ci è stata tramandata e passando attraverso una solida riflessione, dobbiamo assumerci la responsabilità di diventare strumenti di memoria, ricordandoci che ci sarà sempre una penna per scrivere il futuro, ma mai una gomma per cancellare il passato.

In conclusione vorremmo lasciarvi con questa citazione tratta da una canzone di Guccini:

“E un dio che è morto
Nei campi di sterminio, dio è morto
Coi miti della razza, dio è morto
Con gli odi di partito, dio è morto…
…In ciò che noi crediamo, dio è risorto
In ciò che noi vogliamo, dio è risorto
Nel mondo che faremo, dio è risorto”

Gli studenti della 5A liceo, Istituto “Silvio D’Arzo”