La riflessione della prof. Silvia Veroni dopo la visita al museo berlinese sul nazismo
Avevamo previsto la visita alla “Topografia del terrore” nel tardo pomeriggio. Quando siamo arrivati abbiamo trovato ad aspettarci una grande stanza, un parallelepipedo di cristallo, che conteneva pannelli con foto di uomini seri, in uniforme, che stringevano mani, firmavano documenti e costruivano le loro carriere progettando e realizzando orrore.
Ma quando siamo entrati abbiamo trovato ad aspettarci un uomo sorridente che aggiustandosi gli occhiali ci ha trascinato da un punto all’altro della sala dicendo “Guardate…” e ci ha raccontato storie necessarie, osservazioni, riflessioni, suggerimenti, che ci apriva porte perché entrassimo in quel mondo. Con forza. Con leggerezza. Con passione.
Ad un certo punto le ragazze, era sera, erano stanche, dopo uno scambio di sguardi si sono sedute per terra, e lui ha continuato a parlare inclinandosi in avanti, perché quei pensieri, quelle sollecitazioni, quelle storie continuassero ad essere riversate sulle studentesse. Sembrava un travaso.
E mentre, terminata la visita, uscivamo da quel cubo di luce disperdendoci nell’oscurità berlinese mi pareva portassimo dentro di noi un po’ di quella luce.
Pochissimo tempo dopo, rientrate in albergo, inaspettatamente, ho rivisto quella luce.
L’ho vista riflessa sul viso di due studentesse che erano passate in redazione per raccontare, a loro volta, un frammento della loro giornata. I loro volti erano illuminati dalla luce degli schermi del PC, su cui erano chine, a cercare le giuste parole per raccontare. Travasavano in un tempo brevissimo erano passate da oggetti a soggetti di quel travaso.
Ecco, scrivo per dire che essere parte di questo travaso è davvero un privilegio.
E ringrazio tutti coloro che scelgono di farne parte.
Prof. Silvia Veroni – Istituto Galvani Iodi – Reggio Emilia