“Noi ti apparteniamo”

“Noi ti apparteniamo”

Germania, Berlino, crocevia della storia nel cuore dell’Europa del ‘900, oggi nel bene ieri nel male. Un filo comune fisico e morale lungo quasi mezzo secolo, il filo spinato. Posto a volte su reticolati altre volte su un muro.
Il fine pressoché il medesimo: separare, limitare, impedire, la libertà in tutte le sue forme, la vita. Perché a un certo punto c’è chi è diverso per canoni razziali, ideologici, di religione, di provenienza e quindi va allontanato o annientato.

Visitando questi luoghi, teatro reale delle tante storie di truce violenza che ci vengono raccontate, osservo e cerco di immaginare le situazioni nelle quali gli aguzzini addestrati all’insensibilità hanno spietatamente calpestato anime e corpi di vittime innocenti.
Quanta angoscia, quanta paura, quanto dolore e quanto coraggio, voglia di vivere, quanta forza (quella vera) e speranza al di là di tutto.

Provo l’esigenza di fare silenzio esteriore ed interiore, solo il soffio del vento pungente e il calpestio dei miei passi sul terreno ad accompagnarlo. Penso … provo un profondo senso di solidarietà verso Tutte quelle vittime che sono vissute e spesso morte qui. Allora il silenzio assume la forma di preghiera, di una promessa, personale! Mi sovviene una frase scritta dagli atleti tedeschi nei confronti di Hitler in occasione delle Olimpiadi di Berlino del diceva: “Noi ti apparteniamo”. Ecco, forse quello che dovremmo dire alla fine di questo viaggio della memoria, a tutte queste vittime dovrebbe suonare in maniera molto simile, ma piena di quella dignità che fa di un uomo un essere umano e libero, pieno di quella dignità a loro tolta e di cui quegli atleti si sono privati. Non sarà un ricordare limitato al pensiero, No! E’ e sarà vigilare ai miei pensieri e comportamenti, fare attenzione alla società e alle situazioni del quotidiano perché i miei passi non lascino un’impronta dolorosa nella memoria di qualcun’altro.

Il percorso di preparazione a questo viaggio il suo svolgersi e la storia, ci insegnano che cambiano i soggetti, i luoghi, ma corsi e ricorsi storici si susseguono, certi valori fondamentali dell’uomo a volte si perdono altre volte si conquistano ma a caro prezzo!
Il “Muro” fisicamente è caduto, ma altri ne sono stati eretti altrove, rifletto inoltre su quanti più o meno consapevolmente ne alziamo dentro di noi attraverso pensieri, pregiudizi e comportamenti.

La Germania e Berlino con la loro storia ci insegnano tante cose, una di queste è come gli uomini possano rimanere avvolti nel buio più denso, così come sia possibile abbattere i muri che impediscono libertà, uguaglianza, rispetto reciproco anche se significa intraprendere un cammino d’impegno costante e a volte ferirsi con un filo spinato oppure faticoso come scalare un alto muro a mani e piedi nudi e qualcun altro tenta d’impedirtelo.

Luca Bassi – classe 5S, Istituto Filippo Re serale

Urliamo al mondo

Urliamo al mondo

Partita da casa avevo grandi aspettative, ma senza rendermi conto seriamente del posto dove stavo andando.

Tornando a casa posso dire che mi porto diverse emozioni e pensieri, che dovremmo tutti portarci e raccontarli sia a chi non ha avuto la possibilità di visitare quei posti, sia chi l’ha avuta; perché bisogna parlare del passato per evitare che ricapiti.

Basta far finta che non sia successo niente.

Urliamo al mondo ciò che è successo e ciò che non vogliamo che ricapiti.

Chiara – classe 4D, Istituto Filippo Re

L’inferno dietro a una barriera di vetro

L’inferno dietro a una barriera di vetro

Ciò che più mi ha colpito del campo di Sachsenhausen è stata la quantità di spazi vuoti e il silenzio. Non esiste quasi più niente. Fuori alberi, case, strade, ma una volta entrati, la mattina, prima della gran parte dei visitatori, il vuoto. Come guardare l’inferno attraverso una barriera di vetro, insonorizzata, a debita distanza. Ma credo sia un illusione dovuta al tempo passato dall’avvenuto. Sembra così assurdo e inspiegabile, come delle persone abbiano potuto immaginare ed eseguire azioni del genere. Sono sempre stato convinto che l’uomo per natura faccia il bene e la presenza del male sia solo una conseguenza di ignoranza, emotiva o intellettiva, ma adesso inizio a dubitarne. Sono uscito con solo domande: come mai le vittime continuavano ad essere attaccate alla propria vita, al posto di lasciarsi morire per sfuggire alla brutalità del campo, mentre alcuni si erano suicidati una volta sopravvissuti? Invece i carnefici come facevano ad essere completamente estranei a qualsiasi tipo di empatia e come rimanevano psicologicamente sani nonostante le brutalità comunque vissute in prima persona?

Una volta uscito il pensiero si è rivolto subito alle persone a cui è ancora attualmente negata la libertà e i diritti fondamentali, ci terrei a elencarne una piccola parte: i prigionieri dei campi di concentramento Nord coreani, i migranti detenuti in Libia, il nostro connazionale Patrik Zaki.

Luca Buondonno – classe 4G, Liceo Moro

Liliana e le altre

Liliana e le altre

Viaggio della memoria: un viaggio con la scuola ma oltre la scuola. Un viaggio in cui le nostre conoscenze scolastiche ci hanno sostenuto per riuscire ad interpretare ciò che abbiamo visto: la storia e il diritto hanno preso forma in questi luoghi.

Ci siamo cimentate in un percorso incentrato sulle donne: dalle vie di Berlino al campo di concentramento di Ravensbrück. Abbiamo voluto farlo perché, come donne, desideravamo comprendere cosa provassero altre donne prima di noi.

Nel primo percorso, fatto giovedì 20 febbraio, siamo venute a conoscenza del motivo per cui alcune vie sono state intitolate a donne: la loro storia personale e il ruolo svolto nella società tedesca in diversi momenti storici hanno determinato un riconoscimento pubblico.

In particolare, ci hanno colpito Bertha Benz e Katharina Paulus, che sono state le prime a sperimentare rispettivamente la guida di un’automobile e il lancio da una mongolfiera. Sono state protagoniste di azioni fino a quel momento riservate agli uomini e il loro anticonformismo le ha trasformate in vere e proprie pioniere. Sono donne che, seppur con difficoltà, sono state libere di scegliere, a differenza delle donne che senza scegliere hanno vissuto nel campo di prigionia di Ravensbrück.

Queste donne sono state private delle loro identità, trasformate in “pezzi” o “cose” e sfruttate per costruire le stesse armi con cui altri popoli venivano annientati. Noi tutte abbiamo riscontrato disagio e angoscia sapendo come queste donne fossero costrette a sopravvivere, cercando di non soccombere, trasformandosi in aguzzine tra le vittime.

Inoltre, ci ha particolarmente colpito il discorso di Liliana Segre, una delle poche donne italiane superstiti, che ha vissuto le sue ultime settimane di prigionia in questo campo di sterminio.

La nostra è stata un’esperienza toccante e vorremmo fare un ringraziamento a Istoreco e a tutte le guide per averci dato l’opportunità di prendervi parte.

Elena Montanari, Elisa L’Abbadessa, Giulia Miele, Linda Melloni, Valery Frontera – Classe 5A, Istituto Scaruffi 

Come si fa?

Come si fa?

Brividi.
Pelle d’oca.
Paura.
Come si fa?
Come fa una persona a privare un’intera popolazione della vita?
Ci vuole coraggio direte, ma no.
Qui non si parla di coraggio, di carnefici o vittime.
Qui si parla dì vigliaccheria, odio, menti malate d’odio.
Hitler è un vigliacco.
Mussolini è un vigliacco.
I fascisti sono dei codardi.
I nazisti sono dei codardi.
Chi si è ribellato per poter vivere, vivere in libertà la vita che voleva, che meritava.
Queste sono le persone coraggiose.
Sterminare un’intera popolazione perché appartenete a una “razza” minore, se così si può definire, non è coraggioso è da vigliacchi.
Parliamo del fascismo, del nazismo, di Hitler, di Mussolini come fossero così lontani da noi.
Quando in realtà il fascismo è in ogni sguardo distorto che facciamo verso uno straniero.
Il nazismo è in ogni distinzione di colore tra una persona e un’altra.
Hitler è in ogni persona che ancora oggi suddivide le persone in base alla loro “razza”.
Mussolini è in ogni persona che ancora oggi non accetta l’amore tra due persone dello stesso sesso.
Non è lontano da noi, per niente.
Tutto ebbe inizio a piccoli passi, e dopo si trasformò in campi di sterminio.
Si chiama Viaggio della Memoria, per ricordarci sempre quanto male può fare l’odio di una persona.
Abbiate il coraggio di fare in modo che tutto questo non si ripeta.
Abbiate il coraggio di combattere, protestare per ogni vostro diritto, e soprattutto abbiate il coraggio di non perdere la vostra umanità, perché senza quella siamo solo un grande oblio.
Passiamo ore, giorni a lamentarci della nostra vita senza capire il vero valore di essa.
Oggi noi abbiamo più consapevolezza di ieri che la vita è un dono che va amato alla follia.
Noi abbiamo il coraggio.
E voi, avete il coraggio di non ripetere lo stesso errore?

Classe 5G, Istituto Galvani Iodi, Reggio Emilia

Riflessione collettiva: la classe 5A – Istituto Motti Turistico (Pt. 2)

Riflessione collettiva: la classe 5A – Istituto Motti Turistico (Pt. 2)

“Il cielo di Sachsenhausen è grigio, le goccioline leggere bagnano il prato, leggere come i corpi dei prigionieri ammassati nelle fosse comuni… Ancora oggi qui si respira finta ironia mista a tanta tristezza.”

“Nulla è più crudele dell’umiliazione e della privazione dell’identità di un individuo. Ricordare e capire ci permette di non ripetere gli stessi errori.”

“Per non dimenticare, ricalchiamo i passi dei luoghi del tormento.”

“Bruciare libri, bruciare l’identità equivale a bruciare la libertà.”

“Sapere per non dimenticare il dolore causato dalla “diversità”. “

“Così vuoto e contemporaneamente pieno da appesantire il mio cuore e da non permettermi di pensare per via di quel silenzio assordante.”

“Meglio astenersi dal governare il destino degli altri, dal momento che è già difficile ed incerto pilotare il proprio.”

“Non occorrerebbe un solo giorno per ricordare tale avvenimento ma bisognerebbe ricordarlo sempre.”

Classe 5A, Indirizzo Turistico, Istituto Motti