Siamo memorie viventi

Siamo memorie viventi

Quanto sono corruttibile? Quanto posso farmi corrompere dall’illusione dorata del potere, di ciò che è più facile pensare e che mi torna comodo e cosa mi guida? La coscienza, la conoscenza e la piena certezza di ciò che è accaduto, le immagine di quegli occhi scavati in un cranio formato dalle sole ossa che mi guardano e mi dicono: “Cosa mi chiedi?”.
Non lo dimenticherò, ognuno credo debba dare la propria risposta a questa domanda. Da oggi in avanti, dal momento in cui i nostri occhi hanno visto ciò che altri occhi hanno vissuto siamo memorie viventi ed è nostro compito, sta a noi tornare a casa e diffondere la consapevolezza di ciò che è stato, capire, comprendere se possibile ed incarnare i valori, gli ideali per cui tante persone sono morte.
Il futuro dipende da ognuno di noi, credo che il primo passo per un futuro di pace sia credere pienamente di appartenere ad un’unica specie umana e nel riconoscersi come fratelli.
Camminare ove sono state compiute violenze atroci, ove il dolore ha dominato, nel vento nel cielo nella terra. La stessa terra, le stesse pietre, la stessa porta che noi abbiamo varcato per entrare e che invece bambini, ragazzi, adulti come noi hanno varcato una volta sola per sempre.
La memoria deve smuovere il nostro animo, renderci consapevoli, essere presente nelle scelte che compiamo quotidianamente ogni giorno. Ognuno deve dire a sé stesso: pure io avrei vissuto quell’inferno se fossi nato in un’altra epoca, perché sono ebrea, o perché sono omosessuale, perché sono un oppositore politico o uno zingaro. Perché sono diversa, perché sono me stessa non la copia di un modello, non sono perfetta, nessuno è perfetto e nessuno è libero, al sicuro in un regime totalitario, in cui le libertà personali, di espressione, pensiero sono represse, allora come oggi nei paesi del mondo che ci possono apparire distanti, ma in realtà sono dietro l’angolo.

Sara Villa – 5S Istituto Zanelli

Sara Villa legge le sue riflessioni nell’ultimo giorno del Viaggio, al memoriale di Lidice
Il buio, il cammino, il mostro, l’eternità e i numeri

Il buio, il cammino, il mostro, l’eternità e i numeri

Questo è il lungo testo a più voci letto dalla 5B del liceo scientifico Moro, frutto del lavoro di Anja Pisi (la lettrice), Giulia Davoli, Francesco Chiari, Tommaso Gregori, Filippo Mussini, Beatrice Catellani e Francesca Redeghieri

BUIO

La prima immagine che ci è venuta in mente con la parola buio è stata la cella senza finestra della fortezza piccola di Terezin.
La solitudine di quei prigionieri che avevano diritto a solo poche ore di luce per uscire dalle tenebre della loro interiorità.
Buio però può anche essere la storia che spesso non viene raccontata e viene lasciata nell’oscurità. Questo viaggio demonizza anche questo illuminando gli eventi per aiutare la memoria e aiutando a ricordare per esempio questa città che è stata proprio spenta dalla guerra.
Infine buio è il frutto dell’alienazione che subiscono sia le vittime che i carnefici della seconda guerra mondiale che perdono la loro identità e i loro pensieri e vengono lasciati in preda alla notte.
Giulia Davoli

CAMMINO

Cammino, non viaggio, cammino.
Emblema del tragitto e della fatica.
Questa parola ha un significato ambivalente: il cammino che noi dobbiamo percorrere verso il passato, per non dimenticare, un percorso verso la dimensione del ricordo, ma anche il cammino del passato verso il presente, perché la nostra storia arriva inevitabilmente ad influenzare il nostro presente.
Cammino non tanto per l’importanza dell’arrivo in sé, ma per l’esperienza che il cammino stesso comporta, l’importanza di ogni singolo passo per arrivare alla consapevolezza di ciò che è accaduto, per arrivare alla consapevolezza della realtà del passato e di ciò che è stato.
L’importanza del cammino nell’atto del cammino.
Francesco Chiari

MOSTRO

Giovedì pomeriggio ho visitato la pinacoteca presso il convento di St. Agnese, una raccolta di arte medioevale boema.
Nel mio percorso ho trovato un’opera raffigurante una delle tentazioni di Gesù nel deserto ed era raffigurato anche il diavolo. Con corna, zanne, denti appuntiti, un volto orribile anche nell’espressione.
Questo artista del 1300 ha rappresentato il mostro attraverso l’immaginazione provando a renderlo il più brutto possibile.
Ma chi davvero ha visto i mostri sono gli ebrei, e con loro tutte le vittime della Shoah, che non sono riusciti a dargli un volto definito perché a differenza di quello che si crede, non si parla del diavolo della tentazione di Cristo, ma persone con viso e sembianze umane, uomini qualunque indistinguibili apparentemente dai noi.
Filippo Mussini

ETERNITÀ

Eternità, parola che ci rimanda alla colpa eterna di cui si sono macchiati gli uomini per le loro brutture, eterno come il dolore della comunità ebraica e ancora, eterna è la memoria di ciò che è avvenuto perché non bisogna dimenticare e questo viaggio ci ha proprio insegnato questo.
Tommaso Gregori

NUMERI

NUMERI, perché in una stanza entravamo a mala pena in 30 e loro dovevano viverci in più di 40.
NUMERI, quelli visti al museo di Terezin dei bambini vittime della tragedia.
NUMERI, perché l’identità di un essere umano è stata ridotta ad un numero, ad un cumulo di cifre.
NUMERI, che in quanto dati, sono e saranno sempre un orribile certezza.
Beatrice Catellani, Francesca Redeghieri

La 5B del liceo scientifico Moro mentre offre le proprie riflessioni ai compagni di viaggio a Lidice.
Guardare gli alberi

Guardare gli alberi

Ecco le riflessioni di alcune ragazze della 5H del liceo Matilde di Canossa dopo le visite al centro dell’Aktion T4 a Sonnenstein, nei pressi di Pirna, e al campo di Terezin

PENSIERI DOPO L’ESPERIENZA AL CENTRO DI EUTANASIA

“Guarda, gli alberi si muovono”
disse lei.
dicono qualcosa
ascolto uguale luce
gracili
spogli
assiderati
ingenui
è la seconda possibilità
di quelle urla
ancora da udire.
In balia della tempesta
ma vitalmente reggenti
tendono i rami agli uomini
voglion toccare la loro umana essenza
la loro
vogliono urlare la vita
lasciata vivere.
Pesa
guardare negli occhi la vita
e poi calpestare la morte.
Pesa
inalare la stessa aria
in cui è ancora disciolto l’umano.
Pesa
sentire la cattiveria senza essere cattivi.
Pesa
sentire gli echi di urla di sogni spezzati.
Pesa
non far niente al passato
essere in vita
sentire ancora la pioggia e i sussurri degli alberi
che dicono che pesa
l’affetto per l’uomo che vacilla
ma diventando amore
per quegli occhi che ho guardato.

PAROLE, SENSAZIONI

peso, crudeltà, umanità
devastazione, limiti, brividi
inerme, insensatezza
impotenza, silenzio assordante

PENSIERI DOPO L’ESPERIENZA A TEREZIN

C’è qualcosa nell’aria in questa città
qualcosa di incompiuto
di mancante.
Può il dolore addormentarsi?
e rimanere come cenere su ogni superficie
persino quella del cielo
che sputa l’essenza dei sospiri di angoscia
che tornano così alla terra
incontrandone di nuovi
ricordando di respirare,
respirarsi.
C’è qualcosa di amaro nell’aria di questa città
nell’erba che calpesti
nei muri che sfiori
vissuti nella morte
e morti nella vita.

Le ragazze della 5H del liceo Matilde di Canossa

Il monumento in ricordo delle persone assassinate nel centro dell’Aktion T4 a Pirna Sonnenstein.
Operazione Anthropoid

Operazione Anthropoid

La volontà e il coraggio di agire con aspetto umano in un contesto disumanizzato e disumanizzante

Non posso trattenere la commozione nella cripta e nell’abside della chiesa di San Cirillo e Metodio a Praga.
Entro subito nella cripta: l’accesso a questo anfratto non mi lascia scampo: nel sotterraneo della chiesa –una zona in penombra con spiragli di luce- è il silenzio che parla; consapevole la percezione del susseguirsi della speranza e della paura che hanno animato questi sette giovani cecoslovacchi.
Vederli, fissare indelebilmente il nome di ciascuno di loro, essere di fronte a questa loro scelta resistente che metteva a disposizione la vita per la comunità, mi fa percepire l’intensità della loro forza e coerenza.
Ringrazio Jozef Gab?ik, Jan Kubiš, Adolf Opálka, Josef Val?ík, Jaroslav Švarc, Josef Bublík, Jan Hruby e lascio che la commozione mi travolga.

Tamara Tagliaferri, viaggiatrice del Bus 26 – Chiesa di San Cirillo e Metodio – 2 marzo 2023

L’esposizione nella campagna di Praga dedicata all’Operazione Anthropoid
Questa mattina a Lidice

Questa mattina a Lidice

VUOTO INTORNO
VUOTO LO SGUARDO
DENSO IL DOLORE.
ECCOCI QUI
ADDOSSATI A QUESTO
PEZZO DI TERRA
ASSASSINATO
COME LA SUA GENTE.
SFILANO
-LE RAGAZZE E I RAGAZZI-
SULL’ERBA DI LIDICE
A RICONOSCERE GLI ALTRI
QUELLI …
FERMI LI’ IN ATTESA …
COME A TENDERE UNA MANO
COME A COSTRUIRE
-MAGLIA DOPO MAGLIA-
LA RETE DI COLLEGAMENTO,

IL SUGGELLO DI UN INCONTRO
TRAMITE DI UN LEGAME INDISSOLUBILE.
STORIE DI VITE SPEZZATE
FRAMMENTI ROBUSTI
CHE TORNANO IN VITA,
SPERANZA DI UNO STARE INSIEME DIGNITOSO.
DARE SENSO

OGGI –
ALLA GIUSTIZIA, AI DIRITTI,
ALLA SOLIDARIETA’.
NON DIMENTICARE CI0’ CHE E’ STATO,
CONOSCERE E
PRENDERE COSCIENZA DELL’OGGI:
COSTRUIRE
IL MONDO DI TUTT*

Questa mattina, a Lidice, ho adagiato il mio garofano bianco al Resistente Albero di Pero, testimone del massacro.

Tamara Tagliaferri – Lidice, 4 marzo 2023

L’albero di Pero resistente al memoriale di Lidice
Dov’era?

Dov’era?

Ho camminato per i solchi che migliaia di persone hanno formato, mi guardo attorno e vedo spazi sempre più stretti, bui e disumani.
Al freddo insieme ai miei compagni, io mi chiedo dove era la razionalità in quel periodo?

Veronica Vezzani – 5F Liceo Chierici

Gli spazi bui e stretti di Terezin